Stanze, armadi e pavimenti, scale, pareti e mobili a testimoniare drammi di vita, aperture di crescita, confini mai varcati e protezioni inutili.
Il libro delle case fa nascere accadimenti dalle cose, sentimenti dagli oggetti, relazioni umane dall’architettura degli edifici. Gli ambienti non solo riflettono le storie, ma le incarnano, le sagomano, danno loro forma nel riverbero degli spazi, ampi o angusti, reali o figurati che siano. Parlano più delle parole, sono significante e significato, indissolubili nell’intrecciarsi dei continui sbalzi temporali che ci raccontano personaggi senza nome, i loro legami, le rivelazioni inaspettate di “Io”, il protagonista pronome che abita ogni casa.
Emerge una tristezza asettica e senza fronzoli da questa lettura straniante. Un dolore distaccato, non di pancia ma di cervello, senza le viscere coinvolte, giusto un lucido raziocinio a rendere ogni cosa intelligibile.
Colpisce come lama fredda Il libro delle case, che nella sintassi echeggia lo stile unico di Erri de Luca, senza pretesa di imitazione alcuna, ma con la stessa incisività statica tipica delle prose scarne che scavano solchi profondi nella mente di chi legge.
Una scoperta inaspettata, Andrea Bajani.
Originale e spietato, Il libro delle case.
Finalmente qualcosa di nuovo, a muovere l’aria.
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