Jezabel

Vien da pensare a Narciso, vien da pensare a Dorian Gray, vien da pensare a rimbalzi di richiami, evocazioni, memorie classiche di cui Jezabel è intriso.

La protagonista, Gladys, incarna egoismo, vanità, insicurezza; madre odiosa incapace di essere madre perché dagli sguardi degli uomini dipendente oltre ogni ragionevolezza. Stucchevole nel suo ripetere incessantemente dinamiche di concupiscenza tardiva, fastidiosa nella sua ricerca spasmodica di continue conferme della sua bellezza.

Scritto nel 1936, Jezabel è ancora molto attuale, però la Némirovsky ha creato una storia che indispone e le letture che indispongono tanto piacevoli non sono.

Gli altri vedevano in lei solo una donna senza età, come tutte quelle che a Parigi hanno superato la quarantina. Sotto le luci, con il suo maquillage e i suoi gioielli, appariva bella di una bellezza fragile, inquieta e patetica, e all’alba, sulla soglia del locale, sembrava una vecchia in maschera, come le altre.”

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