Non ne scriverò.
Per trascorrere una stagione diversa.
Perché ho visto segnali incoraggianti e ripongo speranze persino nella scaramanzia.
Perché magari a non scriverne cambia qualcosa. Continua a leggere
Non ne scriverò.
Per trascorrere una stagione diversa.
Perché ho visto segnali incoraggianti e ripongo speranze persino nella scaramanzia.
Perché magari a non scriverne cambia qualcosa. Continua a leggere
Nel mio corpo esile e provato mi sento estranea a me stessa, pesante come se avessi inghiottito cubetti di porfido, lastre di ferro, bancali di cemento. E invece non consumo un pasto decente da settimane, dovrei sentirmi leggerissima. Mi sono nutrita con quel poco che ho trovato nel frigorifero, con le porcherie che Sara ha lasciato in dispensa: pezzi di formaggio stantio, budini scaduti, caramelle gommose. Continua a leggere
Un raggio di luce illumina la ciocca di capelli che mi cade sul naso.
Vorrei non vedere quel che mi circonda, silenziare le voci, lasciarmi ipnotizzare dallo sferragliare delle rotaie.
Mi concentro su questo lembo di pelle illuminato, osservo il profilo del mio naso, percepisco il chiarore della pelle, avverto un lieve solletico sulla guancia. Lo sguardo filtrato da questo ciuffo disordinato mi consente di vedere una realtà velata.
Mi chiedo se sono salita su questo treno per partire o per tornare. L’unica risposta che riesco a darmi è che non c’è differenza fra un’andata ed un ritorno. Al punto in cui sono arrivata io, un ritorno non è una fine, una partenza non è un inizio e ripercorrere una strada conosciuta, forse, non è una soluzione. Continua a leggere