
Mentre leggo la raccolta di racconti “Nemico, amico, amante…” penso ai punti fermi che la attraversano:
La forza non ricamata dei personaggi femminili, una forza endemica, risoluta, un dato di fatto inoppugnabile.
La completezza, perché ogni piccola storia racchiude un intero universo di cui o conosciamo o intuiamo il più nascosto, minuscolo frammento.
La facilità con cui Alice Munro descrive percorsi intimi intensi e complicati che si rivelano lampanti e lineari solo grazie alla sua prosa pulita.
La laconicità dei finali, nessun colpo di scena, nessuna rivelazione, ma la semplice constatazione di come è la vita, che spesso non incanta, semplicemente scorre.
Dopo i primi due racconti non riuscivo a capire il perché del Nobel proprio a lei, poi invece, leggendoli tutti, ho capito la pienezza, ho colto la totalità e allora sì che ho capito.
“Ormai sapeva che nella vita viene il momento in cui brutto e bello svolgono più o meno la stessa funzione, quando tutto ciò che guardi altro non è che un gancio a cui appendere le sensazioni scomposte del corpo, e i brandelli della mente.”