Sei

Mi era sembrato di sentire l’accenno di un violino. Dopo quell’inizio di chitarra languida che insiste sul medesimo accordo, dopo la voce di Giuliano che intona note basse, dopo aver separato la liricità del pianoforte dalla malinconia della fisarmonica, mi sono messa a cercare un violino.

Ascoltare una canzone ad occhi chiusi rende più percettivi, amplifica i sensi, ci inabissa nella melodia. E i versi, ascoltati al buio, echeggiano nella mente acquisendo significati nuovi; si trasformano, appaiono limpidi nella loro ambiguità.

Quello di Sei è un testo duplice che ritorna su se stesso, che si contraddice e si smentisce, che dal contrasto fa emergere l’identità, come in tutte le più belle canzoni dei Negramaro.

Ho cercato su youtube il video ufficiale: di violini non ce ne sono.

Sarà che sono stanca, sarà che sono giornate infinitamente lunghe e complicate, sarà che la mente è un po’ annebbiata, ma io, verso la fine del primo minuto, quel violino lo sento.

…e se un senso lo trovi
dimmi almeno qual è
dimmi se c’è

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Storia di Glenn in corridoio

Un soggetto così catalizza gli sguardi, attrae e respinge al contempo, di certo non passa inosservato. Strambi i vestiti, l’incedere chiassoso, il tono della voce che si addice di più ad un coro da stadio che ad una corsia d’ospedale.

Lo conoscono in tanti qui in reparto e lo chiamano Glenn. E’ un uomo maturo, ha la pelle scura e i capelli, lievemente ondulati, un tempo erano neri. Li porta corti, ma dalla nuca una lunga treccia ritorta gli scende lungo la schiena. Indossa una camicia floreale con dei gigli paglierini su uno sfondo verde bosco. Ai piedi, un paio di sandali senza calze fanno pensare all’estate, che è lontana da venire.

Cammina incessantemente lungo il corridoio Glenn cercando di percorrere sempre lo stesso tragitto, di calcare le sue stesse orme in un tracciato mentale preciso e sbraitato. Mentre passeggia parla ad alta voce e racconta di sé, di dove ha parcheggiato l’auto, della cena che preparerà, di quanto sia devoto alla sua donna che tutti i giorni lo fa arrabbiare. Gli astanti, me compresa, fingono di ignorarlo, in realtà lo ascoltano interessati.

Il colpo di scena lo riserva per il finale quando, al culmine del pathos narrativo, Glenn rivela al suo pubblico fintamente indifferente che quel modo di parlare sui passi lo ha inventato quando era rinchiuso in carcere, tanti anni fa.

Che sia vero o no, non importa.

C’è sua figlia ricoverata in corsia, una bella ragazza il cui viso pallido e imbarazzato fa capolino dalle ante della porta antipanico che faticosamente socchiude. Glenn la vede e si illumina, le corre incontro dimenticando il maniacale percorso delle orme e teatralmente urla: “Ti amo, ti amo, amore mio!” stampandole un bacio rumoroso nel bel mezzo della fronte.

E’ Glenn in corridoio, una delle tante varianti di questa umanità.

H

Io che amo solo te (2)

E’ forse una delle più belle canzoni di devozione mai scritte, una di quelle poesie che meglio raccontano l’amore assoluto, pensata per chi ha scelto di condividere la vita con una sola persona, per sempre.

In questi giorni difficili, di corsie e flebo, di paure e sollievo, ho avuto modo di capire definitivamente che non c’è niente di più assoluto del legame che unisce una madre ai propri figli.

Bisognerebbe, ogni tanto, trovare il coraggio di dire a chi ci ha generato che non abbiamo bisogno di amare mille cose, che non ci perderemo fra le strade del mondo.

E che, se le illusioni svaniscono, il nostro legame indissolubile durerà.
Per sempre.

Io mi fermerò
e ti regalerò
quel che resta
della mia gioventù

(Sergio Endrigo, Io che amo solo te)

Io che amo solo te (1)

E poi una sera di gennaio, dalle pagine del web, spunta Elisa, giovane donna dal sorriso luminoso che spesso legge le mie microstorie, le mie recensioni, i miei commenti anomali alle canzoni datate. Mi consiglia un libro Elisa perché, dice, vorrebbe sapere cosa ne penso.

Accolgo volentieri il suo invito e inizio a sfogliare Io che amo solo te di Luca Bianchini. Poche pagine e capisco che questo giovane e già famoso scrittore torinese ha fra le mani una grande storia, un racconto di famiglie, di relazioni complesse, di fervida meridionalità.

Al centro c’è l’amore impossibile, quello che resiste, inespresso e non vissuto, per tutta la vita. L’amore idealizzato, intoccabile e perfetto perché solo immaginato. Sono le generazioni che si fanno carico di tramandare gli affetti e le incomprensioni, i legami e l’odio, la catena degli eventi. Il contesto è la Puglia dei giorni nostri, terra di sangue e di forza, di taralli e negramaro, dove il vento e le onde cuciono gli umori e le giornate di chi la abita.

Insomma c’è tutto quel che servirebbe per un romanzo sentimentale di valore, di quelli che lasciano il segno nella memoria dei libri letti e piaciuti. Ma c’è qualcosa che non mi convince, qualcosa capace di rendere debole un impianto di per sé solido. E’ l’innesto di un doppio registro umoristico che permea le pagine di luoghi comuni, di personaggi e situazioni caricaturali, che rischia di rendere smodato ciò che invece dovrebbe essere misurato.

Un matrimonio descritto come tripudio dell’ostentazione e del kitsch, un fotografo donnaiolo che si chiama Vito photographer e che ci prova con la sposa, un presentatore sfigato che risponde al nome di Giancarlo Showman, gli zii del nord così chiusi e noiosi, la sorella della sposa che sogna di realizzare il Nancy Casarano Show, il gé-ghe-gé, l’aserejé e il trenino dei parenti. E’ tutto un cliché, un susseguirsi di stereotipi che non credo facciano onore alla Puglia e ai pugliesi.

Sarà che tendo ad essere moderata, però io, in un romanzo corale di vite intrecciate che parla d’amore col mare sullo sfondo, al massimo innesterei un po’ d’ironia, che è leggera ed elegante, di certo non la parodia che svilisce e banalizza.

Io che amo solo te

Storia di Ale nella tazzina di caffè

Il barista gli ha servito il caffè già da qualche minuto. Lui non beve, non tocca la tazzina, si limita a fissarla come se in quel liquido scuro fosse contenuta la risposta alla domanda che lo assilla.

E’ un ragazzo olivastro, poco più che ventenne, coi capelli bruni troppo lunghi e scompigliati per un viso così delicato. Quelle ciocche che gli cadono sugli occhi lo vorrebbero maledetto e ribelle, ma basta guardare la sua espressione responsabile per capire che è un bravo ragazzo.

L’interrogativo che gli circola in testa ha l’aria di essere uno dei grandi dilemmi della vita, quelli che a vent’anni non sai come affrontare e che ti inchiodano, immobile, davanti a una tazzina di caffè in un angusto bar del centro.

Il barista lo conosce, si rivolge a lui chiamandolo Ale, che forse sta per Alessandro, o Alessio, non so. Al barista pare strano che Ale non beva il caffè.

“Tutto bene Ale?”
“Non so, non c’è alternativa.”
“A cosa?”
“A questa situazione.”

Ho bevuto il mio di caffè, amaro e bollente, avvolgendo a coppa la tazzina fra le mani con un movimento contrario alla natura dell’oggetto. Non mi piace posare le labbra dove migliaia di persone prima di me le hanno posate. Non è una fobia igienista, è semplicemente un vezzo.

Ale mi guarda perché il mio gesto innaturale ha attratto la sua attenzione. Gli sorrido con quel fare materno da sorella maggiore che vorrebbe confortarlo. Se potessi, gli direi che c’è sempre un’alternativa, che quando tutte le porte sembrano chiuse, basta frugare nelle tasche per trovare, inaspettatamente, una chiave nascosta. Però non posso farlo, non si piomba nelle vite degli sconosciuti senza essere invitati.

Mentre esco dal bar penso che forse Ale non si chiama Alessandro, né Alessio, ma che il suo nome è Aleandro e che quella pelle scura proviene da un paese caldo. Magari il dilemma che lo attanaglia lo risolverà stasera, parlando via Skype con suo padre in Argentina o tramite WhatsApp con sua sorella che sta a Madrid. O forse farà una lunga chiacchierata il compagno di studi con cui condivide l’appartamento e domattina si sveglierà con la risposta giusta, nella tazzina del caffè.

Tazzina di caffè

Premi (Liebster, Dardos, Campagna contro il tumore al seno)

 
tumori-al-seno-e-disinformazione
11 novembre 2014
Ringrazio molto Pina (https://pinadama.wordpress.com/) di avermi nominata nell’iniziativa di prevenzione dei tumori al seno. Ricordo a tutte le amiche e anche agli amici blogger che la prevenzione è importante e può salvare la vita. Raccomando a tutti di partecipare ai programmi di screening delle  ASL di appartenenza e alle iniziative delle associazioni per la diagnosi precoce, la prevenzione, la cura e la ricerca oncologica. Invito a scrivere nel proprio blog sull’argomento.
Il mese di ottobre é stato dedicato alla prevenzione del tumore al seno, i social e i network sono stati invasi da dolci, gadget, magliette e fiocchi rosa. Continuiamo a ricordare l’importanza della prevenzione come mezzo importantissimo per salvare la nostra vita o quella di una persona cara.
Quest’anno è toccato anche al mio blog prendere parte alla campagna di informazione e devo ringraziare Pina per avermi nominata.
Questa iniziativa non ha la pretesa di dare pace alla sofferenza o soluzioni definitive. Nel piccolo mondo virtuale, però la sensibilizzazione verso temi come questo, potrebbe essere utile per ricordare che, molto spesso, basta poco,  un semplice gesto, una visita di controllo, per fermare in tempo la minaccia della malattia.
Il mese di novembre è dedicato alla ricerca AIRC sul cancro, insomma tutti i giorni sono buoni per prendersi cura di se stessi e delle persone care.
Potete trovare ulteriori info nei seguenti link:
http://www.legatumori.ithttp://www.nastrorosa.ithttp://www.alfemminile.com/benessere-salute-benessere/prevenzione-tumore-seno-som1212.htmlhttp://www.orticalab.it/Tumore-al-seno-ottobre-e-il-mese
Per prenotare una visita gratuita chiama il numero verde: Sos Lilt 800-998877
 

 

 8 febbraio 2014

Appena ho ricevuto la nomination, mi sono messa a googlare per capire cosa diamine sia questo Liebster award che sempre più spesso vedo comparire fra le pagine dei miei colleghi blogger. C’è chi lo definisce un gioco, chi una catena, chi un premio vero e proprio, chi un modo per farsi conoscere. Di fronte ad una cosa indefinita e che si espande velocemente, la mia naturale ritrosia mi imporrebbe di declinare, ma la nomination mi arriva da una blogger raffinata come Francesca Pratelli (http://francescapratelli.wordpress.com/) che scrive con un’intimità inedita ed elegante, non posso di certo rifiutare. E poi, la riconoscenza alberga in me e un po’ di leggerezza, ogni tanto, non può che fare bene, quindi accetto la nomination. C’è un regolamento nel Liebster award che richiede come prima cosa di ringraziare chi mi ha nominata. Ancora grazie Francesca per aver pensato a me, accolgo la tua segnalazione come un regalo. Il secondo passaggio è rispondere alle domande che Francesca mi ha posto. Sono pronta:

  1. Qual è il tuo viaggio ideale? Quello che mi proietta in una dimensione completamente diversa dalla mia. Un volo di ventitré ore che mi porta a Sydney, quando qui è inverno e là è estate. Un lungo viaggio in auto per raggiungere Rainbow beach dove l’oceano è illuminato dal cielo più stellato della volta celeste. Una traghettata nell’arcipelago delle Recherche, da Esperance ai laghi rosa.
  2. I tre libri preferiti? Cent’anni di solitudine di Gabriel Garcia Marquez (è il libro della vita, letto e riletto e riletto), La lingua salvata di Elias Canetti, 1974 di David Peace.
  3. A parte scrivere, qual è la tua passione? La Formula 1 che vivo con fervore empatico ed il tennis che ho ereditato da mio padre e tramandato ai miei figli. Nelle mie righeorizzontali ne scrivo spesso, a modo mio.
  4. Una cosa che non hai mai fatto è… Lanciarmi col paracadute (e non lo farò mai!)
  5. Cosa pensano gli altri di te? Che sono determinata e concreta, talvolta rigida, organizzata e testarda, che tendo all’asocialità e all’introversione, ma che ho un cuore capace di volere bene in modo puro.
  6. Svela un piccolo segreto Il mio piccolo segreto è che non ho segreti…(?!)
  7. Il tuo colore preferito? e perché Il blu perché nel linguaggio dell’orso e della stella, i protagonisti della mia raccolta di racconti L’osso e il blu, la parola blu significa: “Stanotte ti ho sognato”.
  8. Una lingua che vorresti imparare Lo spagnolo perché ha la musica dentro.
  9. Riassumiti brevemente Cocciuta all’inverosimile, tenace, permalosa, generosa.
  10. Tre cose che non sopporti nelle persone La mancanza di rispetto, la superficialità, la maleducazione.

Infine, devo a mia volta nominare dieci blog che mi piacciono e rivolgere ai blogger dieci nuove domande. Sono questi i blog che scelgo di nominare, quelli che seguo più frequentemente, quelli con cui, saltuariamente o sovente, interagisco. Alcuni di questi sono blog di immagini e non di parole. Le mie nomination, al di là del Liebster award, al di là del fatto che accetterete o meno questo gioco, che risponderete o meno alle domande, è l’occasione giusta per dire a voi dieci colleghi di blog che apprezzo molto il vostro lavoro. Siete voi i miei nominati e, come da regolamento, vi comunicherò la nomination ufficialmente sulle vostre pagine:

http://liveeread.wordpress.com
http://acupofbooks.blogspot.it
http://giovannigarufibozza.it
http://offphoto.wordpress.com
http://littlemissbook.blogspot.it/
http://paralleluniverseinpolaroid.wordpress.com/
http://sonnenbarke.wordpress.com
http://dodicirighe.wordpress.com/
http://ilmiokiver.wordpress.com/
http://orearovescio.wordpress.com/

E queste sono le domande che vi rivolgo:

  1. Ti riconosci nel tuo nome?
  2. Qual è la tua ora del giorno preferita?
  3. La tua realtà è bianca e nera o ci sono diverse gradazioni di colore?
  4. Hai mai pensato di un film: “Lo farò vedere ai miei figli quando saranno abbastanza grandi per capire”?
  5. Scrivi, fotografi, componi, dipingi solo per te o anche per gli altri?
  6. Cosa ti aiuta a superare i giorni difficili?
  7. C’è un sogno ricorrente nella tua vita?
  8. Riesci a perdonare chi non ha il coraggio di chiederti scusa?
  9. La musica dei giorni felici è?
  10. Dimmi chi sei in dieci parole.

Liebster

26 marzo 2014

E’ arrivata la seconda nomination per le mie righeorizzontali da Deborah Donato che ringrazio di cuore!

Mi piace il blog di Deborah, originale nella grafica e mai banale nei contenuti. http://deborahdonato.wordpress.com/

Rispondo con piacere alle domande di Deborah che mi ispirano risposte fulminee:

1. Perché scrivi? E’ un bisogno, una ragione, uno sfogo. E’ il tempo che dedico a me.
2. Se possedessi una bacchetta magica come quale scrittore vorresti scrivere? Gabriel Garcìa Marquez, senza dubbio alcuno.
3. Se fossi una musica, saresti… Una bossa nova suonata da Ryuichi Sakamoto, Jaques e Paula Morelmbaum
4. Descrivi la tua casa in quattro parole. Cubica, essenziale, luminosa, aperta.
5. Quanto tempo alla settimana dedichi al tuo blog? Molto meno di quel che vorrei. Alcuni giorni pochi minuti, altri qualche ora.
6. Cosa deve avere un blog per essere perfetto? Soddisfare chi lo scrive, piacere a chi lo legge.
7. Dai un aggettivo al tuo blog. Mio (rigocentrica e presuntuosa…)
8. Cosa cerchi? L’equilibrio.
9. La prima cosa che fai la mattina al risveglio. Cerco con gli occhi la luce che filtra dalle tapparelle.
10. Una parola che non diresti mai. Vision (proprio non la sopporto)

 

4 aprile 2014

E’ arrivata la terza nomination per le mie righeorizzontali da La Cri. 

Ringrazio la mamma “in corriera” e il suo bel blog, vario, articolato, ricco di spunti.

Grazie Cri! http://secondastella72.wordpress.com/

Ecco le mie risposte alle domande della Cri

  1. Qual è il tuo piatto preferito? Melanzane alla parmiggiana
  2. Mare o Montagna? Mare!
  3. Due canzoni che suscitano in te ricordi indimenticabili? Thelegraph Road dei Dire Straits e La storia siamo noi di Francesco Degregori
  4. Due libri da consigliare ad un caro amico? Norvegian wood di Murakami Haruki e Il mondo di Sofia di Jostein Gaarder
  5. Qual è il tuo hobby preferito? Se non considero la scrittura che più che un hobby è una ragione di vita, direi le mie passioni sportive: tennis e Formula 1
  6. Quanto tempo gli dedichi? Guardo tutto il guardabile, compatibilmente col tempo a disposizione.
  7. Se avessi solo due oggetti a disposizione, cosa porteresti con  te su un’isola deserta? Carta e penna.
  8. “Nessun uomo è un isola”: d’accordo o contrario? Contrario, ogni uomo lo è.
  9. Con quale aggettivo ti definiresti? Testarda
  10. Come ti definirebbero i tuoi amici? Determinata

 

27 aprile 2014

DARDOS AWARD !

Ringrazio Deborah Donato per avermi di nuovo nominata per un premio. E’ con colpevole ritardo che aggiorno la pagina Liebster che da oggi diventa Liebster e Dardos.

Le regole per ricevere il premio sono:

  • Mostrare l’immagine del premio

premio-dardos

  • Ringraziare chi ti ha nominato

Ancora mille grazie a Deborah http://deborahdonato.wordpress.com/

  • Nominare altri 15 bloggers.

I miei nominati, alcuni nuovi e un po’ fuori dal giro degli ultimi Liebster, sono:


http://susabiblog.wordpress.com/


http://unblogunpocosi.wordpress.
com/

http://angologreen.wordpress.com/


http://marcomonteverdi.wordpress.com/


http://personalefemminile.wordpress.com/


http://marcogas78.wordpress.com/


http://secondastella72.wordpress.com/


http://francescagalli.wordpress.com/


http://erikabasile.wordpress.com/


http://fariv66.wordpress.com/


http://salequantobastablog.wordpress.com/


http://speraben.wordpress.com/


http://allorizzonte.wordpress.com/


http://nikoinblogosphere.wordpress.com/

http://ripullulailfrangente.wordpress.com/

 
 tumori-al-seno-e-disinformazione
 

 

Il vento e le rose

Si è aperto il cielo.

Dopo interminabili giorni di pioggia e di nebbie rarefatte, lunghi fasci di luce ci concedono il piacere di vedere cosa c’è nel cielo. Io ci vedo l’azzurro, finalmente.
E a guardare bene vedo anche il tepore naturale di una stagione che muore, la speranza che torna, la forza che cresce.

E poi laggiù, in fondo alla densa foschia che avvolge le cime dell’appennino, intravedo le illusioni, quelle che canta Patty Pravo ne Il vento e le rose.

Un giorno il cielo si aprirà
e mi racconterà che tu
tu sei la solita illusione

Un testo magnifico che mescola l’amore con l’economia, un letto con un caffè, l’incoscienza con gli scocciatori.
E il vento con le rose.

Scritto da Diego Calvetti in un momento di ispirazione vera.

Suonato da un’orchestra di violini e di chitarre elettriche.

Mi vuoi?
O vuoi un altro caffè?
Dicevi non si può
e poi sei qui da me

http://www.youtube.com/watch?v=KswvWzofO2A

A sud del confine, a ovest del sole

A sud del confine

Mi veniva da storcere il naso mentre lo leggevo, devo aver fatto diverse smorfie con la bocca, di quelle dubbiose che mi vengono spontanee quando le righe che scorrono sotto i miei occhi non mi convincono del tutto. Ho aggrottato le sopracciglia in diversi passaggi, come a rimarcare le mie perplessità; eppure leggevo, non mi fermavo, ci sono arrivata in fondo senza nemmeno accorgermene perché le pagine di Murakami scorrono via, veloci, senza fronzoli né orpelli.

E’ una storia banale quella di A sud del confine, a ovest del sole: un amore nato sui banchi di scuola e mai dimenticato, un amore non vissuto che ripiomba nelle vite adulte e le sconvolge.

Niente di originale nella storia di Hajime e Shimamoto, niente di particolarmente avvincente, solo un vago alone di mistero che non si svelerà, inutile sperarci. Però c’è un finale, una chiusura comprensibile, un senso compiuto. Poco rimane da immaginare per gli adepti di Murakami che adorano l’immaginifico: di mondi ce n’è uno solo ed è quello reale, dove le cose hanno un inizio ed una fine, dove ciò che si realizza è solo la vita vera. I contorni sono definiti, tutto è concreto e tangibile, i sogni non trovano spazio.

Il titolo è la parte più bella del romanzo, fa pensare ad un luogo che non esiste, talmente è evocativo. Forse vale il romanzo, o forse no. Io penso che ne valga la pena, comunque.

Quando ci penso, mi rendo conto che viviamo in un numero veramente limitato di possibilità.