Era uno di quei momenti in cui avevo smesso di sperare. Mi ero abituata al tennis di livello eccelso appiattito sullo strapotere del numero 1, ai pochi cedimenti nel gioco di potenza, al ragionierismo quadrato, seppur mirabile, di un’epoca tennistica in cui le differenze fra il primo e gli altri si misurano in muscoli, solidità, completezza dei colpi e non in stile, millimetri o nel creare un gioco nuovo e farlo diventare perfetto.
Avevo smesso di sperarci e invece oggi Roger e Rafa si sfidano mostrandosi al mondo come dieci anni fa e noi tifosi nostalgici esultiamo, perché è un regalo inaspettato che nemmeno osavamo sognare.
Basta guardarli mentre entrano in campo per capire che loro sono un’altra storia, la modestia che si fa autorevolezza, il profilo alto di chi è campione perché in questo sport ha segnato un’era, non un semplice passaggio generazionale. Continua a leggere