Appartamento 401

È descritto come un noir, Appartamento 401 di Yoshida Shūichi.
Nella sinossi vengono evocati crimini, aggressioni, violenze aberranti, che poi nel romanzo non sono narrate come tali e rimangono sullo sfondo di altre storie che si intrecciano.

Del thriller non ha nulla, Appartamento 401: non la tensione che cresce, non la curiosità di scovare il colpevole, non i dettagli raccapriccianti.
Del classico racconto giapponese, invece, Appartamento 401 ha tutto: la mancanza degli estremi emotivi, la presenza del ragionamento lineare, le riflessioni intime e permeate da una logica di fondo che ne cerca costantemente la coerenza.

Appartamento 401 non ha niente di più, né niente di meno di tanti altri romanzi scritti così.

Io ero ancora lì, fermo sulla porta, ero uno zero, non ancora giudicato, né perdonato. Era come se fossero stati loro a provare rimorso, a pentirsi, a chieder scusa al mio posto. Non ti daremo niente. Non ti daremo il diritto di difenderti, di confessare, di implorare il perdono. Sentii che mi odiavano, che mi odiavano terribilmente e non riuscii a capire perché.”

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