Non sarò mai capace di scrivere come Isabel Allende.
Nelle pagine dei suoi romanzi, come in quelle delle sue memorie, il talento e la tecnica linguistica si fondono in uno stile narrativo di una semplicità prodigiosa.
La natura, la sorte e chissà, forse anche le congiunzioni astrali, hanno deciso di donare a questa scrittrice immensa la capacità di rendere magica ed affascinante qualsiasi cosa le venga in mente di raccontare. Tutti i grandi narratori sudamericani hanno la magia nel sangue, ma è Isabel la maestra assoluta di storie strabilianti.
A differenza della maggior parte dei suoi scritti, per lo più ambientati in passate epoche storiche, nel quaderno di Maya la Allende si cimenta con una trama moderna, rivisitando in chiave contemporanea il linguaggio della meraviglia.
Il risultato è un romanzo incantevole ed ingannevole. Quando mai vi è capitato di rendervi conto solo nelle pagine finali di un libro che stavate inconsapevolmente leggendo un giallo? E quante volte, affrontando l’ultimo capitolo, vi siete detti: “E’ vero! Il colpevole lo avevo individuato fin dall’inizio, ma non sapevo che bisognasse farlo!”.
A me non era mai capitato prima.
La Allende è così, irretisce il lettore nelle trame, lo avviluppa nelle maglie di seducenti incantesimi, lo conduce nel suo mondo fantasioso eppur reale, semplice eppur mirabolante.
Maya, una ragazza che ha vissuto l’alcool e le droghe pesanti, è costretta a scappare da un’America all’altra per sfuggire alla giustizia e al male che si autoinfligge. Incontrerà personaggi singolari, un animale che la farà compagnia e affetti profondi che le salveranno la vita.
C’è la Las Vegas dei giorni nostri descritta in tutta la sua crudeltà, c’è Toronto coi suoi rigidi inverni, uno scorcio di Danimarca ed il Cile, che con la dittatura di Pinochet emerge dalla memoria delle pagine.
No, non sarò mai capace di scrivere come Isabel.
Parafrasando, a mio uso e consumo un pezzo della “buona Novella” dai Vangeli Apocrifi” di Fabrizio De Andrè, “forse ho confuso il piacere e l’amore, ma non ho creato dolore”.
Non centra, forse, nulla, ma mi piaceva dirla. E’ una delle tante frasi maestre che i “grandi cantautori” hanno plasmato la mia forma mentis, e delle quali, appena posso me ne approprio “impropriamente” pur di farmi bello all’occasionale (sempre meno da qualche tempo) lettrice.
Tutto per introdurti al mio eogio e dirti che se Isabel Allende con quel libro ti ha affascinata con il talento di cui è farcita la sua scrittura, credo che se lei leggesse come ne descrivi, a tua volta, il suo “bello stile”, ti rimbalzerebbe addosso “paro paro” ogni tua parola.
Insomma a volte si confonde e ci si confonde, sorpresi, nelle trame letterarie altrui. Spesso quando i talenti sono in sintonia si rimane spiazzati dall’anticipo di qualcuno che ha affrontato un argomento prima di te. Ognuno ha i suoi tempi e i suoi percorsi. Tu sei giovane anagraficamente e letterariamente. Tu persevera. All’inizio, (forse) confonderai il piacere e l’amore ma non creerai dolore: sono riuscito a mettercela….Ho scherzato naturalmente… ma sono consapevole che sia l’inizio che il finale di questa mia risposta “orizzonatale” buttata lì per fa impressione siano da ignorare. A differenza della parte centrale. Ciao alla prossima.
Perseverare è una delle mie attività preferite. Grazie Franco, as always…