Quando uno dei miei scrittori preferiti dice di aver letto un libro che avrebbe voluto scrivere lui, mi precipito in libreria a comprarlo. Se Baricco avrebbe voluto scriverlo, devo per forza leggerlo.
Il titolo mi piace, la copertina è un po’ troppo stile americano per i miei gusti, ma essendo un libro americano, va da sé…
Mi chiamo Lucy Barton è un romanzo basato sul nulla, un vuoto narrativo che sta in piedi a meraviglia. La trama è presto detta: una giovane scrittrice allettata in ospedale racconta se stessa, ricorda, dialoga con la propria madre. Praticamente io! Baricco avrebbe voluto scriverlo, io l’ho vissuto. La coincidenza di tempi, di luoghi, di situazioni è complice assoluta del mio giudizio, me ne rendo conto. Giovane non lo sono più tanto, scrittrice solo nei sogni, l’ho letto in ospedale, nelle ore tarde della sera o in quelle piccole della notte, quando la luce che filtra in camera dal corridoio un po’ rassicura, un po’ fa paura.
Nessun colpo di scena in questo romanzo, nessuna evoluzione, nessuna curiosità di sapere cosa accadrà. Insomma, un racconto statico che funziona. Come abbia fatto Elizabeth Strout non lo so, però c’è riuscita e Baricco l’ha scovata.
Disseminate qua e là, quasi fuori contesto, quasi estemporanee nei frangenti, perle da incastonare, come queste:
Non riuscivo a prendermi sul serio. Ma in realtà si. In assoluto segreto, mi prendevo sul serio, eccome. Sapevo per certo di essere uno scrittore. Non sapevo quanto sarebbe stato difficile. Del resto, nessuno lo sa; e non ha importanza.
L’ho già detto: mi meraviglia come riusciamo a trovare modi per sentirci superiori a un’altra persona, o a un gruppo di persone. Succede dappertutto, di continuo. Comunque lo si chiami, a mio giudizio è il fondo del barile che siamo, questo bisogno di trovare qualcuno da snobbare.
Sicuramente le analogie obiettive tra lettore e trama aiutano ad assimilare il testo. È’ un bel romanzo, il rapporto tra madre e figlia e’ scandagliato come il fondo segreto di un fiume. (A me è’ piaciuta anche la copertina che ricalca una scena reiterata del libro, lei che dalla camera d’ospedale osserva la sagoma del grattacielo Chrysler).
Però non lo considero il miglior romanzo della Strout, della cui scrittura mi sono perdutamente innamorato: “resta con me”, struggente e “olivia kitteridge”, particolare, li trovo superiori.
ml
E’ il primo libro della Strout che leggo e mi ha colpito talmente tanto la sua capacità di delineare nitidamente i personaggi attraverso i pochi gesti e gli scarni dialoghi che sicuramente leggerò altro di suo. Sono curiosa di capire se l’immedesimazione ha davvero condizionato il mio giudizio. Sempre che i titoli che mi consigli non raccontino altre parti della mia vita… 😉
Ho finalmente letto Olive Kitteridge, caro ml.
Non sono riuscita a staccarmi dal romanzo pur provando un forte senso di repulsione verso Olive. La Strout è grande anche quando è respingente.
Grazie per avermelo consigliato. 🙂
Comunque mi piace come io e te tocchiamo e ci lasciamo toccare dagli stessi autori. Un sorriso
….un altro episodio da imbarcare sul treno delle sintonie letterarie. Un sorriso a te.
Non sapevo che avessi vissuto quell’esperienza. Mi spiace…
Belli i due pezzi che hai citato!
Passaggi della vita…
Grazie
Non è vero che sei scrittrice sono nei sogni. Tu scrivi eccome! E ti leggono anche ragazzini dai nomi stravaganti come Eragon9 😉
Grazie Andrea!
Quando lo vedi, per cortesia, riferisci ad Eragon9 che Tim ed Ellis, nel frattempo, hanno fatto enormi progressi. 🙂
Si, non ha avuto tempo ultimamente, ma vedrai che ritorna da te a leggerti, anche perché a lui piace leggere 7-8 episodi di fila 😉
Non c’è fretta, ne troverà alcuni interessanti e potrà leggerseli tutti d’un fiato! 😉
Mi ci tuffo di testa, senza neanche leggere la quarta di copertina. Tu e Baricco siete referenze più che sufficienti per un acquisto a scatola chiusa.
Grazie per la fiducia, cara Lisa.
Aggiungi anche ml all’elenco delle referenze… 🙂