Sono in netta minoranza, lo so, ma Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve di Jonas Jonasson non mi ha del tutto persuasa. Quando ho girato l’ultima pagina ho pensato: eccessivo, leggero, vuoto.
La trama è siffatta: nel giorno del suo centesimo compleanno un arzillo vecchietto, il Sig. Allan Karlsson, decide di fuggire dall’ospizio in cui si trova e di vagare, senza meta né scopo, pur di evitare il noioso e prevedibile futuro nella casa di riposo che lo ospita. Inciamperà in una lunga sequenza di accadimenti paradossali: furti, rapimenti, omicidi, elefanti trasportati su pulmini gialli, falsi terroristi che esplodono a Gibuti, equivoci a catena mascherati da inverosimili traffici internazionali.
Mentre la narrazione al presente scorre fra poliziotti incapaci, bande di teppisti imbranati e milioni di corone svedesi, in lunghi capitoli paralleli veniamo a conoscenza della storia di Allan, del suo mestiere di artificiere, dei suoi trascorsi di amico e confidente dei più grandi capi di Stato e dittatori del secolo passato (da Truman a Churchill, da Mao Tse-tung a Stalin, dallo Scià di Persia al Generale Franco) e della sua natura di approfittatore di situazioni e di relazioni.
L’dea del simpatico vecchietto che ne combina di tutti i colori è accattivante, ma non originale. Nel mondo delle commedie e dei cartoon ne abbiamo letti e visti tanti. Non che questo libro non abbia pregi: è rocambolesco, a tratti divertente, ha un ritmo sostenuto e scorrevole. E poi Jonasson è un indubbio conoscitore della storia mondiale del secolo scorso, un esperto dei suoi intrecci politici e militari e ne dà ampio sfoggio in un libro scritto con il preciso intento di stupire attraverso la concatenazione dell’assurdo. In questo è ammirevole.
Però per me funziona così: quando arrivo alla metà di un libro e inizio a sospirare, contando quante pagine mi mancano per arrivarci in fondo, vuol dire che qualcosa non va. Il difetto di questo campione di incassi mondiale è la ripetitività schematica, la costruzione della trama riproposta in modo identico nelle scene e nelle dinamiche. Lo schema narrativo è uguale a se stesso per ben quattrocentoquarantasei pagine.
Alla lunga è prevedibile.
Alla lunga stufa.
E comunque, che a me sia piaciuto moderatamente non ha alcuna importanza, perché quando uno scrittore vende milioni di copie in tutto il mondo, alla fine della fiera, ha sempre ragione lui.
Mi sa che dopo una lettura così futile, ho proprio bisogno di rifugiarmi in Murakami….
gira e rigira…lunga vita a murakami.
Hai iniziato a leggerlo?
L’ho letto l’anno scorso. Mi ricordo che lo trovai divertente, ma in effetti troppo lungo. Il mio voto è 7+
non ancora. troppo alta la pila sul comodino.
ma murakami è sempre murakami, a prescindere.
luc