Stanotte le gemelle mi hanno fatta impazzire, sono uscita di casa volentieri lasciandole con Ennio. E’ sabato, che se ne occupi lui almeno nel fine settimana! Non andiamo d’accordo, forse non ci amiamo più, però, quando c’è, è un buon padre ed è quel che conta.
Fingo di non vedere la realtà, accantono l’infelicità in attesa che qualcosa cambi, posso rinunciare a me stessa per proteggere le mie bambine. Perché la parola protezione è racchiusa nel mio nome, Ramona, colei che è protetta dagli dei. Beh, se a me ci pensano gli dei, alle piccole ci devo pensare io e se non ci fosse Ennio sarebbe molto più dura, soprattutto per loro.
Vado avanti nell’immobilità, sembra una contraddizione e invece è la mia vita.
Oggi più degli altri giorni fatico a tenere imbrigliati i miei riccioli ingombranti nel cappellino alimentare che mi obbligano a mettere. E’ igienico, è professionale, ma i miei capelli non ci stanno! E poi la divisa del negozio mi cade giù dai fianchi, ho perso qualche chilo ultimamente e dovrei farmene dare una più piccola.
Il turno del sabato pomeriggio non lo sopporto, c’è sempre troppa gente in negozio. Oggi, però, lo faccio volentieri, ho bisogno di stare in mezzo alle persone, di annebbiarmi nella confusione, di chiacchierare del più e del meno con i clienti abituali perché se mi intrufolo nella loro quotidianità patisco meno la stanchezza della mia.
Glenda la sento arrivare da lontano, ha la voce squillante e il sorriso che dilaga, ne avverto l’eco ancor prima che si avvicini al banco. Costante, invece, mi si para davanti senza farsi sentire, è timido e silenzioso e tremendamente solo. Un uomo trasparente che si tinge di colori solo quando vede Glenda, l’arcobaleno.
E’ il loro tempo, devono coglierlo.
Ho pensato a quei due mentre venivo qui, ho pensato a tutti i sabati che stanno sprecando, alla felicità che è breve e bisogna volerla, ho pensato a quanto sia meravigliosa la speranza racchiusa in questi tiepidi raggi di luce di un pomeriggio di fine gennaio.
Che sembra quasi primavera.
(Fine?)