Dietro la porta

Di avere una predisposizione per ciò che è al limite dell’anacronistico già lo sapevo. Del fatto che sempre più spesso oriento la mia attenzione su brani datati che in pochi ancora ascoltano, ne ho piena consapevolezza. Ho una mia particolare idea di musica intramontabile, considero eterni certi pezzi privi di fama e di fortuna. Sono eterni per me, non in assoluto.

Nel mio vagare fra canzoni dimenticate, incontro spesso Dietro la porta di Cristiano De Andrè. Una canzone fuori tempo, un sottofondo musicale che mi accompagna sovente, anche quando presento i miei libri.

In questi giorni veloci, frenetici, furiosi, ritrovare impronte inalterate su cui ritornare e spazi già riempiti sempre pronti ad accoglierci, ha un che di confortante. E dietro la porta di Cristiano c’è quel mondo fitto che ci rassicura: pensieri importanti parcheggiati in un angolo, la polvere dei ritorni, l’ombra dell’anima attenta. E poi le notti imperdibili, il consumarsi di mani, gli occhi segretamente nascosti.

Dietro la porta di Cristiano c’è quello che sta dentro le nostre ore: un tappeto di stelle, un leggero passo di vento.

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Why worry 2 , Lise & Gertrud from Stockholm

Cercando in rete la vecchia e la nuova versione di Why worry sono inciampata nel video di un duo femminile svedese très chic: Lise & Gertrud, due voci vibranti ed un violoncello, live at Nalen, Stoccolma.

Le guardo, le ascolto e mi rendo conto di assistere a qualcosa di più di un concerto, è una vera e propria performance. Musiciste sì, ma anche interpreti magnetiche, dotate di una particolare intuizione sui tempi della musica.

Gertrud al violoncello è in totale empatia con il suo strumento, non si vede dove finisce lei e dove iniziano il legno, le corde, l’archetto. Chiude gli occhi nei momenti più intensi e vibra all’unisono con le sue note. Mentre canta la senti vicina e al contempo inavvicinabile.

Lise, seduta in una posa innaturale, quasi irriverente, cattura lo sguardo del pubblico creando un’attesa apneica sulla nota successiva. La senti interpretare la strofa ancor prima che inizi a cantarla. E’ ammaliante.

In rete su di loro si trova poco. Non so se in Svezia siano famose, ma a due così io farei fare il giro del mondo. Soprattutto con la loro versione di why worry.

E se un giorno incontrerò Mark gli dirò che le tonalità non solo cambiano nel corso della vita, ma anche in base alle latitudini e a chi le sa interpretare.

Lise & Gertrude

La fine

Io Nesli nemmeno sapevo chi fosse. Non conosco, non capisco e raramente apprezzo il mondo dei rapper e mai avrei immaginato che un beatmaker potesse scrivere uno dei più bei testi italiani di questi ultimi anni.

Quando ho scoperto che La fine, cantata da Tiziano Ferro, l’ha scritta il fratello minore di Fabri Fibra, mi sono detta che è bello cambiare idea se qualcuno mi sorprende positivamente. Anche se è un rapper con un passato di droghe, vandalismi e riformatorio. La Fine Nesli non l’ha solo scritta, l’ha anche cantata e su youtube è stata vista dodici milioni di volte. Si confessa questo ragazzo dal viso enigmatico, ricordi di un’esistenza insicura ed instabile trasformati in versi per esorcizzare la paura di sé e delle proprie azioni.

Io non lo so chi sono e mi spaventa scoprirlo
Guardo il mio volto allo specchio
ma non saprei disegnarlo

Possiedono, le parole di questa canzone, una drammatica consapevolezza delle colpe, dell’inutilità di chiedere scusa a chi è stato ferito e deluso, dei contraccolpi profondi causati dalle azioni violente. Però Nesli è un combattente e non smarrisce la speranza di potersi rialzare e di potercela fare a dispetto del mondo. Senza autocommiserazione,  senza piangersi addosso, senza falsi paraventi.

Questa vita – ha detto mia madre- figlio mio va vissuta
Questa vita non guarda in faccia
e in faccia al massimo sputa

Mi piacciono i versi di Nesli, parole di lotta, fragilità che anela al vigore, durezza che si pente di essere tale.

I due video, quello di Nesli e quello di Tiziano, guardati in sequenza, lasciano dietro una scia di tristezza. Nesli, con la voce secca, ha un ché di compassato. Tiziano, con le corde magnificamente morbide, lo trovo straziante.

La sconosciuta

E se non fosse una donna la sconosciuta di Ivano Fossati? Francamente sono convinta che lo sia, ma lo stato d’animo di oggi mi fa immaginare che questa sconosciuta sia qualcosa di diverso: forse un sentimento, una sensazione o un periodo della vita.

Posso aspettare, è solo un attimo.

Posso aspettare, è solo un secolo.

Quando i cambiamenti attraggono e al contempo spaventano, ci convinciamo di poter aspettare, ce lo ripetiamo nella mente come un mantra: la pazienza è la virtù dei forti. Poco importa che un attimo ci sembri un secolo o che un lungo frammento della nostra vita all’improvviso si riduca ad un istante. Aspettiamo qualcosa o qualcuno per un tempo indefinito e quando finalmente ce lo ritroviamo davanti, ci sembra che sia troppo presto o già tardi o che, addirittura, il tempo non sia mai passato.

Serve coraggio a ricominciare

e a non sbagliare, ancora

E’ vero, affrontare l’ignoto richiede una buona dose di coraggio, ma spesso ne serve di più per sfidare qualcosa che già si conosce e che ci spaventa più del buio. Labile è il confine fra coscienza ed incoscienza, effimero il divario fra ciò che vorremmo essere e ciò che siamo.

Io ti vedrò, lontanissima

E un altro nome ti darò

Proviamo ad ingannarci tenendo le situazioni lontane e cambiandone il nome, convinti di poterle controllare meglio. Ingenua illusione. Non è così che funziona la vita, ciò che è in noi non è negabile, non è allontanabile, è essenziale.

E tu

come una sconosciuta

ritorni

E se la sconosciuta fosse la paura?

Falso movimento

Che dici, sarà il caso di ordinare?

Cosa potrà mai racchiudere una frase così banale? Vi sembrerà strano, ma questo verso all’apparenza insignificante può racchiudere l’essenza di un amore.

Ascolto Falso movimento e vedo questa scena: è notte, in una città di mare, un uomo ed una donna affrontano il loro primo appuntamento al tavolo di un ristorante. Il protagonista è lui, la scena gli gira intorno; da un’inquadratura in prospettiva si passa lentamente ad un primo piano. La telecamera è fissa sul volto di quest’uomo, sulla sua espressione incredula e beata. Lei è come se non ci fosse, è solo una figura eterea oggetto della sua meraviglia. La meraviglia dell’amore quando non te lo aspetti più.

De Gregori non è mai banale, usa metafore ardite per rivelarci verità che già conoscevamo ma di cui non eravamo consapevoli. E’ così che nei suoi versi d’artista l’amore diventa un mascalzone, un gran maleducato che viaggia contromano e parcheggia sempre dove vuole, un dispettoso che fa vedere la lingua, che parla con la bocca piena, che si presenta senza invito, proprio in mezzo alla cena.

L’amore si scaraventa su quel tavolo di ristorante e lui, il protagonista, lo osserva estasiato. Non lo contrasta, nemmeno ci prova a combatterlo. Ci si abbandona al punto tale che la cosa più naturale da fare è dire: Che dici, sarà il caso di ordinare?

E’ una metafora leggera questa canzone che assomiglia ad un racconto, un racconto che sembra già un cortometraggio.

I miei versi preferiti sono quelli finali:

Tu mi guardi negli occhi
io non so dove guardarti
stasera sono un libro aperto
mi puoi leggere fino a  tardi…

Ascoltatela e ditemi se vedete la stessa scena che vedo io.

Senza Ritegno – tentativi di esegesi

La fiamma si fa labile nell’insensibile

Questo verso di Raphael Gualazzi mi gira in testa da diversi giorni. Mi fa pensare agli anni del liceo quando, leggendo una poesia, il Prof. di lettere mi chiedeva: “Cosa vuole esprimere l’autore con questo verso?”

Per me era sempre una sfida, perché mettevo in dubbio le interpretazioni che i critici davano di versi famosi della letteratura italiana. Chi l’ha detto che l’autore voleva dire proprio quella cosa? Se l’ha detto lui, se l’ha raccontato a qualcuno, se l’ha scritto da qualche parte, allora ci credo; ma se è un’interpretazione di studiosi vissuti cent’anni dopo quel poeta, allora tale rimane: un’interpretazione! E se così è, allora anche la mia di interpretazioni può avere una sua dignità.

Infatti amavo gli ermetici nei cui versi criptici si potevano cogliere significati diversi e trovavo stimolante che ogni mio compagno di classe potesse percepire qualcosa di completamente differente da me in una poesia di Montale o di Ungaretti. Era sempre un bel confronto, un esercizio di elasticità mentale che ancora mi diverte.

La fiamma si fa labile nell’insensibile è un’affascinante verso oscuro che si presta a diverse interpretazioni. Ecco quelle che trovo io:

  1. La fiamma scotta, brucia e fa male, ma quando nella vita hai sofferto così tanto da diventare quasi insensibile, la fiamma non può più bruciarti.
  2. Sei così malvagio e il tuo animo è talmente arido che nemmeno una fiamma è in grado di procurarti dolore.
  3. Ti stai addormentando, sei proprio nel momento che precede l’oblio, la fiamma della candela che stai guardando diventa sempre più fioca ai tuoi occhi perché stai per cadere nell’insensibilità del sonno dove sai che non potrai più scottarti.

E ancora, un altro verso sibillino:

Non c’è vergogna se non quella di un cieca acquiescenza per viltà

  1. E’ vergognoso assecondare chi ci sovrasta senza mai interrogarci, significa essere codardi e incapaci di affrontare la realtà.
  2. L’accettazione acritica di tutto ciò che ci propinano è un segnale inequivocabile di vigliaccheria di cui dovremmo vergognarci. La nostra opinione vale quanto quella degli altri, troviamo il coraggio di affermarla.
  3. Accettare tutte le condizioni imposte da un amore distruttivo per la sola paura di perderlo, dovrebbe farci vergognare di noi stessi. L’amore non è buia remissività, è un’altra cosa.

Se qualcuno di voi conosce Raphael può chiedergli, per favore, cosa voleva dire con questi versi? Così, una volta per tutte, avremo la conferma definitiva che solo chi scrive conosce, nel suo profondo, il significato delle proprie parole.