Ogni giorno, ogni ora

Sarà che la lingua italiana è un melodioso equilibrio di consecutio temporum, sarà che è piacevole leggere periodi armonici che si imprigionano fra loro senza appesantire i concetti, sarà che la lingua croata è più dura di quella italiana, insomma, di fronte ad un romanzo in cui le frasi subordinate quasi non esistono e la maggior parte dei periodi non supera una riga, si rimane, come minimo, titubanti.

Ma i dubbi sulla piacevolezza della lettura, così come sono venuti, ben presto se ne vanno. Perché se all’inizio si pensa che uno stile così scarno tolga vigore alla narrazione, più si prosegue nel racconto più si realizza che è proprio quello stile asciutto a consolidare la capacità introspettiva e a favorire l’immedesimazione nei personaggi.

La forza di Nataša Dragnić sta proprio nel suo linguaggio spigoloso, essenziale, quasi tronco. Un lessico spezzato che permettere al lettore di entrare nei pensieri dei protagonisti facendoli sentire propri.

Il fascino di ogni giorno, ogni ora è nel modo in cui è scritto, più che nella trama. Perché la storia è semplice: Luka e Dora si conoscono da bambini e si amano, senza potersi amare, per tutta la vita. Lui farà nobili sacrifici, prenderà decisioni scellerate e vivrà nella perenne incapacità di vivere la propria esistenza. Lei cercherà inutilmente rifugio su famosi palcoscenici teatrali tentando di vivere in improbabili mondi paralleli.

C’è un connubio di ambientazioni croate, di evocazioni francesi e di parole spagnole in questo romanzo. C’è Makraska e c’è Parigi. E ci sono i versi di Pablo Neruda che la Dragnić ha preso in prestito per dare il titolo al libro e che accompagnano Dora e Luka per tutta la vita.

E anche oltre.

Perché si sa che solo gli amori impossibili sono destinati a non finire mai.

Ogni giorno, ogni ora

Pubblicità