Litigo coi titoli, ultimamente.
Un’opera prima dal titolo originale No et moi viene tradotta in italiano con il titolo Gli effetti secondari dei sogni, locuzione abusata i cui similari (la mappa segreta dell’amore, il profumo delle foglie di limone, la casa degli amanti indecisi, etc…) invadono gli scaffali delle librerie già da qualche anno.
Vorrei conoscere l’editor che ha scelto il titolo italiano di questo piccolo gioiello francese scritto dalla parigina Delphine de Vigan e chiedergli: “Perché?”
Immagino si tratti di ragioni di mercato, che capisco ma non condivido. Il problema non è solo l’estetica del titolo che, lo ammetto, è soggettiva e ognuno ha le proprie preferenze. Il tema vero è che un titolo così non c’entra con la trama del romanzo.
I sogni in questo bel libro non ci sono. C’è una cruda realtà che inchioda Nowleen, diciottenne anaffettiva dall’infanzia sfortunata, ad una vita da sans papier per le strade di Parigi. E c’è la complicata e difficile realtà di Lou, tredicenne dal quoziente intellettivo e umano superiore alla media che di No diventa amica, che da No sviluppa una sorta di dipendenza, che vorrebbe salvare No dal suo destino.
Nessun sogno, nessun effetto secondario in una storia così. Solo effetti primari, azioni e conseguenze, relazioni vere.
No et moi, io lo chiamo così.