La festa dell’insignificanza

Se dicessi che ci ho capito qualcosa, mentirei. Mi sono impegnata, ci ho ragionato, ho riletto diversi passaggi delle 128 pagine de La festa dell’insignificanza e sono approdata a nulla. Non che di un libro si debba sempre capire tutto (Murakami docet), ma coglierne vagamente il senso sarebbe salutare. Soprattutto per togliersi da dosso quella sensazione frustrante di ignoranza che si prova leggendolo.

Mi sfugge come si connettano sofisticati ragionamenti sul mistero epocale dell’ombelico femminile e un aneddoto su Stalin che prova tenerezza per un soldato prostatico a cui dedica il nome della città in cui è nato Immanuel Kant. Così come non riesco a mettere in relazione il desiderio suicida di una donna incinta con lo scherzo di due camerieri annoiati che parlano un assurdo linguaggio per burlarsi degli invitati ad una festa.
Milan Kundera, di certo, saprà perché scrive di un anziano che inventa di avere un cancro per fare colpo su un ex collega e questi, di rimando, gli attribuisca un’amante che non ha. Io non l’ho capito, ma non è colpa mia.

Sono certa di avere un’intelligenza normale e può darsi che La festa dell’insignificanza sia un libro per menti superiori. O può darsi che una narrazione più semplice, magari anche avanguardistica e innovativa, ma comprensibile, possa illuminare le menti dei più su temi difficili e aulici. Perché quando si ha qualcosa da raccontare bisognerebbe provare a raggiungere il maggior numero di persone possibili. Io, almeno, la penso così. Di certo non la pensa così Milan Kundera che preferisce raggiungere i pochi, gli eletti, coloro che si vantano di cogliere i vacui e sottili filosofeggiamenti nascosti nelle trame di un libro incomprensibile.

Ho reminiscenze liceali di studi filosofici che tanto mi appassionavano e tristemente dico che in questa festa dell’insignificanza non ci vedo niente di filosofico, niente di aulico, niente di superiore, niente.

Preferisco i libri normali, magari anche banali, piuttosto che quelli inutilmente ambiziosi.

Kundera

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