Il commissario Bordelli

E’ possibile affezionarsi ad un personaggio dopo aver letto di lui solo una manciata di pagine? A me è successo con Il commissario Bordelli, poliziotto dal cuore generoso creato dalla fantasia di Marco Vichi. A pagina venti mi sembrava già uno di casa, un amico fidato con cui fare lunghe e rassicuranti chiacchierate. E quando un personaggio si insinua così rapidamente nella mente del lettore, vuol dire che l’autore ha fatto centro. O almeno, con me l’ha fatto.

E’ la Firenze degli anni sessanta che fa da sfondo alla trama del romanzo, è la città deserta di uomini nel mese di agosto, affollata solo di zanzare irriducibili, di sigarette fumate a metà e di lattine di birra ghiacciate.
Bordelli è un uomo solo che ama ascoltare aneddoti del passato, che rievoca episodi di guerra, che racconta di legami forti nati in trincea. Tiene vivi i ricordi circondandosi di amici eccentrici e come lui soli: un medico legale ottantenne, un ladruncolo chef, una prostituta amante dei gatti, un inventore pazzo che si circonda di topi, un cugino follemente innamorato, un giovane poliziotto sardo figlio del suo compagno d’armi.

E’ questo l’universo sentimentale di Bordelli, il variegato panorama esistenziale con cui condivide i suoi momenti di umanità.

E poi si, ci sono anche un omicidio e un colpevole da scoprire, ma sono dettagli, non il fulcro del romanzo.

Bordelli ha una sua forza, è racconto a sé, vale la pena leggerlo per scoprire di lui.

Voleva dimenticarsi di avere cinquantatré anni,
di essere un orso malinconico senza più voglia di fare sogni,
un vecchio affezionato alla solitudine, incapace di aprirsi veramente.

Il Commissario Bordelli

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