Lo specchio di Giacomo **

Mi piace quel ragazzino. Non ho ancora capito se sono io ad imbrogliare lui o lui a prendersi gioco di me. Credo, più verosimilmente, che di bisogno si tratti e non di inganno. Un bisogno reciproco, il nostro, una necessità vitale, in qualche modo: di crescita per lui, di sopravvivenza per me.

Ho avuto un’esistenza banale e non posso trincerarmi, per giustificare le mie numerose dipendenze, dietro drammi infantili, lutti non elaborati, maltrattamenti subiti. Non ho scuse, sono solo una donna debole che è stata viziata e protetta da due genitori ingenui e troppo accondiscendenti, una smidollata che si è persa negli abissi di una vita inconsistente. La colpa è solo mia, che invece di ringraziare ed impegnarmi, ho sperperato in polveri, alcolici e pasticche tutto ciò che mi è stato dato, compreso l’affetto. E’ un giudizio corretto quello che la madre di Giacomo esprime su di me ogni volta che mi spia da dietro le tende della sua cucina. Quell’arpia ha ragione: sono una farabutta.

Giacomo è l’unica persona che si prende cura di me, o meglio, che mi controlla; non passa giorno che non verifichi da dietro i vetri della sua stanza se esisto ancora. Vuole sincerarsi che l’ombra di Vittoria sia viva. Ogni tanto lo ringrazio, a modo mio, inscenando spettacoli di danza e canti sfrenati con le luci accese e le finestre aperte. Il ragazzino ride di gusto quando mi vede così brillante; nelle fasi euforiche so essere divertente e rassicurante, Giacomo si rilassa e va a dormire tranquillo. Quando sento il down arrivare, invece, lascio filtrare il sole del pomeriggio dalle persiane, facendo in modo che la mia sagoma si proietti contro il muro, così Giacomo sa che mi sto trasformando in un’ombra e rimane in allerta. Quando, poi, mi vede rincasare di prima mattina, sa che le cose si metteranno per il peggio e si tiene pronto a fare, educatamente, irruzione. La cosa più importante di tutte è non chiudere a chiave la porta di casa, la lascio sempre aperta e lui lo sa.

E’ il mio specchio Giacomo, io gli mando segnali precisi, lui reagisce specularmente.

Finché mi vedo in lui, vuol dire che sono viva.

** Fine

specchio

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L’ombra di Vittoria *

L’ha trovata riversa sul divano, in stato di incoscienza, circondata da bottiglie vuote, mozziconi di sigaretta e chissà cos’altro. Non è la prima volta che Vittoria si riduce così, ogni volta impiega un po’ più di tempo a riprendersi, ogni volta ce la fa e si risveglia. Giacomo tifa per lei e glielo dice. Vittoria gli risponde che non deve preoccuparsi perché ormai lei non è più una donna: “Sono solo un’ombra e le ombre non muoiono”.
Lui mica le crede, vederla così disfatta gli fa temere che sia solo questione di tempo e che un giorno o l’altro l’ombra di Vittoria non si sveglierà più.

Giacomo non è un parente, non è un amico, è solo un ragazzino, un vicino di casa che abita nel palazzo di fronte e che ogni tanto getta l’occhio aldilà dei vetri per controllare se l’ombra di Vittoria c’è ancora, se è un’ombra viva. Ci sono sere in cui la vede ballare, da sola, da una stanza all’altra, con tutte le luci dell’appartamento accese. Ci sono pomeriggi in cui la vede serrare porte, finestre e tapparelle per non lasciare entrare la luce diretta che proietta l’ombra contro il muro. Ci sono mattine in cui, nell’ora del risveglio, la vede rincasare con la pesantezza di chi ha invertito il giorno e la notte e non sa più cosa deve fare.

La madre di Giacomo, che ha il vizio di curiosare e giudicare, spesso scosta le tende, la guarda furtivamente e, col biasimo che le è tipico, attacca la solita litania:

“Vedi Giacomo, quando nella vita è tutto facile, è così che si finisce. Quando non devi sudarti il pane, quando non ti insegnano cosa siano impegno e fatica, quando ti dicono sempre si, è così che diventi. Che sia droga, che sia alcool o che siano farmaci, fa poca differenza. Di dipendenza si tratta, un giorno ce n’è una, il giorno dopo un’altra. Basta avere soldi in tasca, nessuna responsabilità da portare avanti quotidianamente e il tuo destino non può che essere quello: che ti trovino morto sul divano una mattina qualsiasi della tua vita.”

Giacomo, invece di spaventarsi per quelle sentenze lugubri e sommarie, si fa coraggio e si sente al sicuro. Sa che lui non farà quella fine perché le sue tasche sono sempre vuote e una responsabilità, grande, importante, quotidiana, lui ce l’ha: un’ombra di donna da tenere in vita.

*fine prima parte

ombra