Storia mia, per riavvolgere la pellicola

Poggiato ad un deambulatore, avanza, malfermo, fra le corsie del supermercato. E’ molto anziano, di panni pesanti vestito, un rigido cappello a tesa larga gli fa ombra sugli occhi. Secco più di un ramo d’inverno, grinzoso e malinconico, è arroccato nell’incedere. Si muove lento e circospetto, chiuso in una rigida ritrosia, avvolto nell’orgoglio di farcela da solo.

Lo incrocio diverse volte nel percorso fra gli scaffali e quando il mio carrello sfiora le ruote del suo presidio ingombrante, gli chiedo scusa. Lui non alza lo sguardo, nemmeno risponde.

Vorrei offrirgli aiuto, ma non lo faccio; è una presenza, la sua, che mette distanza.

Alla cassa impiego molto tempo a svuotare il mio carrello debordante. Affaccendata fra i cereali, il pesce, il prosciutto e i rapanelli, non presto attenzione a ciò che sta succedendo nella cassa a fianco. Sento il cassiere discutere con il signore anziano, ma sto caricando i gelati, le crocchette per Zampetta, il detersivo per i delicati e non capisco.

Imbusto le provviste e pago il mio conto, che supera abbondantemente i cento euro. Riafferro il carrello e vedo, abbandonata nella cassa di fianco, la spesa del signore anziano.

E lui che non c’è più.

Osservo quei viveri inerti: mele, lambrusco, insalata, spaghetti, pane. Chiedo al cassiere per quale motivo il signore abbia lasciato lì la sua spesa.

Voleva pagare il conto con il codice fiscale – mi risponde – non aveva altro.

Mi fermo e rifletto. 
Vorrei riavvolgere la pellicola, bloccarla a pochi minuti fa, tirare fuori dal portafoglio gli otto euro e settanta centesimi per pagare la spesa di quel signore anziano. Vorrei cambiare il corso delle cose.

Guardo fuori, del signore grinzoso e malinconico non c’è traccia. Eppure andava lento nel suo deambulatore. La pellicola non si può ravvolgere. Ci sarà una prossima volta  – mi dico – ma non ne sono così convinta.

Spesa

Pubblicità