
È il mio libro del 2021, ne sono certa e non cambierò idea.
Da anni non leggevo una storia così cruda, così delicata.
L’ho fatta mia nel leggerla, l’ho amata, temuta, allontanata e ripresa, per non lasciarla andare via.
Li ho visti tutti, i bambini e i genitori dell’ospedale Bambino Gesù, sfilare sotto i miei occhi mentre la scrittura di Daniele Mencarelli mi avvicinava ad ognuno di loro.
Ho visto lui, Daniele, nei suoi lucidi tentativi di riprendersi in mano la vita deragliata.
Ho visto i suoi genitori, sfiniti dall’amore assoluto di madre e di padre.
Ho sentito i toc toc alle finestre e l’odore del disinfettante.
Ho contato i bicchieri di vino, ogni volta.
Ho condiviso gli sforzi, il dolore, la speranza.
Ho lasciato fluire lacrime dolci per accompagnare le ultime pagine.
Questo è ciò deve fare un libro.
“La parola è un mistero, ha a che fare con forze sconosciute, sa farsi carico della tensione umana, e sa restituirla, fissarla su un foglio all’infinito, disponibile nei secoli per coloro che vorranno leggerla. Chi scrive aspira a questa forza, a questa tensione. Niente bellezza posticcia. Nessuna decorazione occulterà gli sfregi, alla realtà, ai bambini.”