Più amaro che divertente, più introspettivo che sommario, coi temi nucleali solo apparentemente nascosti dalle trovate ironiche.
Una scrittura meno crepitante del solito, che preferisce far riflettere piuttosto che far ridere.
A me Pallavicini piace anche così, soprattutto perché quelle scrittrici nude sono uno specchio confortante in cui guardarsi.
“Erano quattrocentoventi pagine in cui c’era quanto sentivo di più importante della mia vita sin lì, d’altronde è quello che facciamo quando scriviamo il nostro primo romanzo, ci rovesciamo dentro tutto, se cercate l’anima rovente di uno scrittore la troverete dentro il suo esordio, non nelle spigolature che sono i libri della maturità.”