C’è odore di plastica scaldata in quell’ambulatorio. Se vi entrasse bendata, lo riconoscerebbe ad occhi chiusi. I luoghi, gli oggetti, le persone, li riconosce così, dai profumi che emanano. Se il suo compagno un giorno le facesse fare un giro cieco per luoghi conosciuti, la sfidasse a svelarli e la portasse fin lì, non avrebbe dubbi che quelle stanze le riconoscerebbe all’istante: “Siamo nell’ambulatorio del Dottor C.”, direbbe senza esitazioni. L’olfatto, suo alleato, avamposto dell’esperienza, non tradisce la sua paura di essere di nuovo lì, nell’ambulatorio del Dottor C. Allora lei affina ancor di più l’odorato, va in cerca degli effluvi secondari, quelli leggermente metallici delle poltroncine fissate a terra, quello neutro del dispensatore d’acqua, quello acidulo del disinfettante per lavare le mani, perché le cromie azzurro verdi del linoleum, il bianco dei muri, i gialli e i marroni degli occhi disegnati e appesi alle pareti, le istruzioni per la chirurgia refrattiva con laser ad eccimeri stampigliate in un quadretto di fianco alla stanza del Campo visivo, ben presto lei non li potrà più vedere. Respira a pieni polmoni l’odore di plastica scaldata, nelle mente mappa, incrocia ed associa gli effluvi secondari così che quando il mondo diventerà buio, gli odori nell’aria diverranno la sua unica luce.
il finale mi scompagina perchè dà un risvolto drammatico a quello che mi sembrava poco più di un gioco di sensi (olfatto vs vista)
ml
…c’è sempre qualcosa di drammatico in quel che scrivo. Di leggerezza non son capace, lo sai 😉
ml carissimo, non sono sparita, son semplicemente sepolta da mille cose (tante nuove) che impiegano tutto il mio tempo. Prima o poi ritorno. Un abbraccio. 🙂