“Più passano i giorni e meno capisco.”
“Cosa non capisci?”
“Questo mio continuo cercare, pensare, scavare, sviscerare. È esercizio sterile.”
“Sei fatto così, Gian, non sei capace di vivere la vita senza indagare continuamente.”
“È che si creano spirali, si aprono vortici nella mia mente che poi sono costretto a colorare.”
“Colorare? Pure pittore sei diventato?”
“Sì, un pittore senza ispirazione che traccia policromi confini immaginari nel reticolo di pensieri confusi che si ritrova ad avere in testa.”
“Dev’essere colpa del caldo, spero.”
“No!”
“No?”
“Non capisci, Rebi, io devo farlo per forza, devo necessariamente stratificare tutti i miei pensieri per renderli evidenti. E per avere chiaro il loro ordine concentrico devo separarli da linee colorate che li distinguano nel magma indistinto in cui si trovano.”
“E cosa ne viene fuori, una volta che li hai colorati?”
“Una specie di scultura moderna, senza capo né coda. Un variopinto omaggio all’inutilità del tutto.”
“Tu sei pazzo Gian, lo sai, vero?”
“Sì, Rebi, ne ho contezza.”
Rebi e Gian, capitolo 9
questa volta provo solidarietà per Gian, per la consapevolezza dell’inutilità dei suoi pensieri concentrici e mai finiti per quanto sviscerati.
ml
Ha una sua bella umanità, il nostro Gian.
Ps: incrociamo le dita per oggi….
silenzio assoluto 🙂
😊