Dante si è chiuso in bagno.
Non sopporta più la risata sguaiata di sua moglie, Clelia.
Dante sta facendo la respirazione addominale perché ha bisogno di calmarsi; sa perfettamente come si pratica, era lui che controllava il ritmo di quella di Clelia al corso preparto, tanti anni fa. Talmente tanti da non riuscire a metterli a fuoco. Dante non ricorda, ad esempio, com’era fatta la stanza in cui si teneva il corso per gestanti, non gli vengono in mente i corpi delle persone intorno, né il viso dell’ostetrica. L’unica cosa che Dante riesce a ricordare è la voce assordante di Clelia che al termine di ogni sessione di respiro si librava in una risata stridula.
Dante si siede sul water e fissa le piastrelle lucide del pavimento. In questo istante realizza che ogni momento della sua vita con Celia è stato scandito da una risata inutile, insulsa, fastidiosa. In questo istante Dante si chiede come abbia potuto sopportarla così a lungo, quale forza impenetrabile gli abbia impedito di soffocarla.
Eppure, quando erano ragazzi, lui quella risata l’adorava. Se ne andavano in bici, loro due, in giro per i campi, sul limitare dei fossi, fra i sentieri sterrati e a Dante piaceva sentire i cinguettii di Clelia diffondersi fra i filari di vite nelle valli di Santa Croce. L’eco della voce piena di Clelia faceva sentire Dante vivo, un giovane uomo con il mondo in mano. Poi, con la nascita dei figli, quella risata dapprima sporadica iniziò a farsi via via insistente, fino a permeare ogni fessura delle loro esistenze, ammorbandole.
Dante non capisce per quale motivo la voce di Clelia abbia un’estensione così ampia, capace di raggiungere vette acute da soprano e di riempire bassi profondi da baritono. E quel che ancora gli appare più misterioso è il suo doverne dare sfoggio, continuamente. Clelia ride per ogni cosa, che sia triste o lieta, sconcertante o indifferente, lei ride. E Dante non ce la fa più.
La risata di Clelia è una lama tagliente che apre in Dante infinite ferite, piccoli tagli asciutti senza sangue che cola. Dante immagina il proprio corpo pervaso da minuscole e filiformi voragini, un reticolo infinito di risate che gli aderisce addosso come un guanto stringente di una vita che non vuole.
Sta chiuso in bagno Dante a concentrare il respiro nel diaframma.
Controlla l’afflusso di aria nei polmoni con le mani distese sull’addome per resistere all’impulso di irrompere in cucina e urlare: “Io non ti voglio più!”
Un coraggio che dovrebbe avere, un coraggio che mai avrà.
*Segue
Insopportabile Clelia…
…Dante non ce la fa più.
Come si cambia nella vita……ciò che tanto amava prima, poi ora tanto odia…..
Proprio così, gli anni che passano ci fanno vedere il mondo con occhi diversi.
Ps: averti qui fra le mie righe è un bel regalo Rosi, grazie.
Sarebbe bello sentire la versione di Clelia, perché ride sempre per qualsiasi cosa? È un meccanismo di difesa ai musi lunghi di Dante?
Un ribaltamento di prospettiva a cui non avevo pensato. Mi sono schierata istintivamente dalla parte di Dante, ma la tua osservazione stimola nuove riflessioni. Potrebbe essere che Clelia decida di esporci il suo punto di vista. Vedremo 😉
Mi piace come concentri tutto il dissapore tra i due in un unico elemento d’attrito, la risata di lei, che così reiterata deve essere davvero insopportabile.
E Dante se il coraggio non c’è l’ha e’ destinato a sopportarla ancora a lungo!
ml
Quell’elemento d’attrito é il fulcro simbolico del loro essere lontani.
Dante è ancora chiuso in bagno. Ci riserverà sorprese?
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