Le fronde mosse dal vento di maestrale

Mi sveglio poco prima che sorga il sole e trascorro intere giornate a guardare gli arbusti, gli alberi, le fronde mosse dal vento di maestrale. Osservo le tinte decise, le sterpaglie, la polvere che si alza dagli sterrati, la nebbiolina di salmastro che impregna l’aria nei giorni di tempesta. Su queste dolci pendici i colori sono caldi e maturi, i campi incolti hanno le sfumature del miele, le piante e i roveti sono zucchero caramellato. Gli alberi, con i tronchi piegati dal vento, non brillano di verde acceso perché sono ricoperti da un pulviscolo ovattante.

C’è solo il mare che luccica qui: il turchino, lo smeraldo, l’indaco, a seconda di come la luce del sole vi si riflette. Il paesaggio è spento e caldo, il mare è scintillante e gelido, un contrasto che amo, un contrasto in cui mi specchio.

Mi piace andare in cerca di quegli strani fiori secchi su cui si annidano le lumache, le fustinaghe, mi piace annusare le foglie di mirto, seguire il profilo dei rami di lentisco, accarezzare la barbaricina che macchia i terreni di un bel bianco rosato, mi piace affondare le dita nella sabbia per cercare le radici del pancrazio illirico, fiore resistente che si inerpica lungo la costa. Vorrei conoscerli tutti i nomi di queste piante, a volte penso che vorrei entrarci dentro e lasciarmi andare nel vento, insieme a loro.

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