Non riesco a darle un nome, ma so a che punto è la sua vita.

Lei

Il calendario dice aprile, ma il cielo è quello di novembre.
Lei
è ferma davanti ad una vetrina illuminata. Intorno un gran via vai di persone anima il centro storico. Il rumore dei passi sul marciapiede la disturba, lo capisco. Fissa gli stessi libri che sto osservando io, ma si vede che Lei non li sta guardando, sta solo cercando qualcosa di statico su cui fermare lo sguardo, qualcosa che le consenta di non pensare. O di concentrarsi meglio, non so. Vorrebbe essere sola e starsene in silenzio, è facile intuirlo. Sta facendo buio, tutto dietro di noi si muove, solo io e Lei rimaniamo immobili in questa banale scena di frenesia metropolitana.

La natura le ha donato meno anni di me e molti più centimetri. Ha un corpo slanciato avvolto in un paio di jeans e in una giacca pesante, per il tempo che fa. Le mani protette da un paio di guanti lisi, sembrano fatti ad uncinetto con quel filo da rocchetto di una volta che adesso non si trova più. Li toglie e li rimette muovendo in continuazione le dita. Sul capo un berretto di cotone da cui escono ciocche di capelli ondulati è calato sulla fronte fino a coprire le sopracciglia. A tracolla una borsa militare di tela grezza, di quelle che andavano di moda negli anni ottanta quando io ero ragazzina.

E’ bella, di una bellezza non canonica, modesta, quasi nascosta, di quelle bellezze che cogli solo se le guardi a lungo.

Ha un tormento dentro, c’è qualcosa che le toglie serenità ed il suo strazio è talmente percettibile che vorrei chiederle se ha bisogno di aiuto, ma non sono invadente e non chiedo. La osservo discretamente attraverso il vetro e vedo una ragazza che sta percorrendo una stagione complicata e dolorosa. Non credo che sia un amore a farla stare così, piuttosto un legame di sangue o un affetto storico.

Non posso sapere se quel che penso sia vero, se la mia immaginazione coincida con la sua realtà. Per me è così che funziona, incrocio una persona che mi colpisce e in un attimo mi sembra di sapere tutto di Lei.
Non riesco a darle un nome, ma so a che punto è la sua vita.
La chiamo
Lei e mi basta, perché è già nata una storia.

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7 pensieri su “Non riesco a darle un nome, ma so a che punto è la sua vita.

  1. A parte che mi piace la descrizione che fai come se non solo la guardassi con gli occhi ma ne assimilassi anche i respiri. A parte che trovo stupendo “affetto storico” che mi fa pensare a una delusione politica, un non riconoscersi piu in un ideale che l’aveva accompagnata. A parte questo e altro mi colpisce la specularita’ con il brano che ho postato nelle stesse ore, specularita’ nel senso di risultato ribaltato: nel mio racconto a fronte di una serie di elementi conosciuti di una persona il protagonista narrante non riesce e non vuole “ricostruire” la persona, qui tu da elementi ancora più limitati senti di sapere questa ragazza. E non c’e’ presunzione nelle tue parole, semplicemente hai intuito l’essenza di lei.
    Molto piaciuto
    ml

    • Mi capita spesso di sentire e sapere certi sconosciuti che incontro. Immaginare vite mi viene naturale, non ho nemmeno bisogno di far correre la fantasia, guardo i loro visi, osservo, le movenze, ascolto i loro respiri, appunto, e so. Che poi corrisponda a realtà ciò che io immagino è altamente improbabile, ma in fondo non mi importa. Ogni volta che nella mia mente nasce una storia, io sono felice.
      E ritrovare in te certe specularità è ormai un segno del destino.
      Buona serata e grazie, ml carissimo.

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