E così la spirale ha trovato la sua coda, che non è il capo di un cerchio e nemmeno il vero epilogo della storia. Il quarto ed ultimo volume della quadrilogia geniale richiama gli attori, annoda i fili, traccia tutti i confini, tranne uno.
La pagina finale, che di certo non rivelo, è degna delle quasi duemila che l’hanno preceduta.
Il problema è come porsi nei confronti di una tale prodigiosa bellezza che l’autrice ha incastonato in un fluire morbido che avvolge senza scampo. E’ un problema per me che sono lettrice accanita, ma anche aspirante scrittrice, eh si.
Se leggo Storia della bambina perduta con gli occhi della lettrice divento simbiotica con la narrazione, sono Elena, sono Lila, sono Napoli, Firenze, Torino, sono parte integrante della storia, presente sulla scena in ogni punto del suo svolgersi, entusiasta di esserci, sofferente nella sofferenza delle protagoniste, orgogliosa di me quando Lila lo è di se stessa, negativa e tendente all’autocommiserazione quando Elena si piange addosso.
Mica male per essere solo e semplicemente un romanzo.
Se invece leggo Storia della bambina perduta con gli occhi dell’aspirante scrittrice, mi viene da nascondermi, rannicchiarmi in un angolo, sentirmi piccola, uno sgorbietto, perché la naturalezza con cui Elena Ferrante affronta il foglio bianco io non l’avrò mai. Con quella dote ci si nasce e io sono nata senza, potrei coltivare le mie pagine all’infinito senza mai avvicinarmi a tali mirabili risultati.
E’ invidia buona, la mia, uno di quei sentimenti non amari che volgono alla rassegnazione piuttosto che alla gelosia.
Nessuna caduta della trama, nessuna traccia di supponenza, non una riga forzata, ma una linearità complessa che sgorga spontanea.
Un grande splendore che illumina chi legge.
Elena Ferrante, che tu sia uomo o donna, vecchia o giovane, napoletana, pisana o torinese, chiunque tu sia, continua a scrivere, per favore. Fallo per chi legge, ma anche per chi scrive che il confronto coi maestri è sprone impagabile.
Ogni rapporto intenso fra esseri umani è pieno di tagliole e se si vuole che duri bisogna imparare a schivarle.
riconosco che Elena Ferrante è una buona penna nel senso che sa narrare bene i singoli accadimenti, ma qualcosa le manca (e altro possiede in misura eccessiva): sarà certo colpa mia ma è un fatto che a distanza di pochi mesi dalla lettura ricordo poco o nulla, tutto è scivolato via come non mi fosse mai penetrato in profondità. La cosa migliore è il sentimento complesso che lega le due protagoniste, amicizia, rivalità, vicinanza e distanze incolmabili, ogni sfaccettatura, ogni ambiguità, descritte in modo assolutamente credibile. eccessivi, inverosimili e descritti a tinte troppo forti parecchi personaggi che ruotano attorno alle due donne: l’amante fedifrago che non se ne lascia scappare una (pure la vecchia colf!) il guappo o meglio i guappi che non si schiodano dallo stereotipo. E poi personalmente mi irrito quando l’autore farcisce la sua opera di troppi episodi straordinari, punta all’iperbole come un cuoco che vuole stupire a tutti i costi e allora va giù duro di cannella, curry a cucchiaiate, pepe rosa a manciate, paprica, noce moscata fino al delirio.
vabbè, forse ho esagerato, ma la sensazione che mi è rimasta, decantata l’indubbia emozione della lettura, è questa.
ml
(mi piace quando dissentiamo :))
Pensa che io ho percepito del tutto aderenti alla realtà i tratti che tu individui come stereotipi, non ho trovato episodi straordinari ma tutti riconducibili ad un contesto di normalità per quegli anni, per quelle zone d’Italia che vengono così bene descritte. E non mi riferisco solo al “guappismo” degli anni sanguinosi di Napoli, ma anche a certi perbenismi ed ipocrisie di tanta parte del nord e di un certo ceto politico e sociale a cui la Ferrante non risparmia nulla. Come se ci fosse una specularità fra i mali del sud, evidenti, esibiti, sfacciati, letteralmente letali e quelli del nord, nascosti, striscianti, mascherati dalla benevolenza, ma altrettanto capaci di ferire a morte, benché in senso figurato. Ho trovato tutto calzante, lineare, emotivamente ficcante, se mi passi il termine.
Ogni tanto penso a Lila, ogni tanto penso ad Elena, mi sono rimaste dentro e mi sa che non si schioderanno da me per un bel po’.
Bello dissentire, bello confrontarsi. Grazie!
Mi hai convinta! Devo leggerli. Mi serve una valigia mi sa per portarmeli in vacanza quest’estate…
E’ un peso che vale la pena portare, credimi.
Ciao Meri!
Stefania.
Tu sei sia lettrice che scrittrice…
Ambedue le tue vesti si riassumono in una donna autentica,
che sa condurre verso lidi di immediatezza e spontaneità.
Non è facile, credimi…
rendere piacevole ed agevole il sentiero della conoscenza e della cultura.
Brava!
Ciao Mirco
P.s
Ti saluta la mia Amica Collega
Simona Borrillo !
Mi esprimo liberamente e sono contenta di trasmetterti la mia spontaneità.
Grazie amico poeta, come sempre.
Un caro saluto a Simona.