I capelli del mostro

I capelli del mostro

Dormire di giorno le provoca affanno.
Se il sonno è ristoratore, il risveglio è confuso, porta tracce di inadeguatezza oraria, di tempo perso e vita sprecata, un affronto impudente al ritmo cicardiano.

Sognare di giorno le capita raramente e quando succede è da strani figuri che lo trova animato, come l’essere minaccioso generato pochi minuti prima dal suo inconscio: nel sogno le pareva un mostro orripilante dalla lunga chioma invadente, nel momento del risveglio un ridicolo cartone animato stampigliato sul muro. Nel suo immaginario non ci sono vie di mezzo: le speranze sono certezze, le paure sono tragedie, i “se” sono “no”, i “ma” sono “si”. Dicotomia onirica, è così che la definisce.

A spezzare il giusto alternarsi della luce e del buio la sensazione che le rimane dentro è un provvido smarrimento, un voler essere e al contempo non essere che la colloca nel limbo dell’indecisione. Perché lei sa bene che ad attraversare mondi distanti si finisce per non ritrovarsi più.

Si alza dal letto controvoglia, guarda fuori dalla finestra, c’è un cielo incombente di nuvole grigie. Lo scruta assorta e lo rivede, il mostro è lì che l’aspetta, fra gli strati spessi della pioggia che cadrà.
La viene quasi da ridere.
Perché sembra uno scherzo.
Perché i capelli del mostro sono paurosi, tutti tirati come il tuono.

Che poi a raccontarlo chi ci crede?

 

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