Certe cose è meglio farle presto, prima che il giorno inizi per davvero, quando le ombre sono ancora artificiali e i rumori sono cauti, alle sette del mattino.
Lei conosce lo scenario a menadito, ne ha contezza nei minimi dettagli: pochi visi sconosciuti alle spalle, passi lenti trascinati lungo il corridoio, davanti agli occhi una fila di sedie blu, i telai bianchi a fare da cornice ai vetri, le finestre di fronte che riflettono altre attese, altri controlli, altri referti.
Le hanno detto che stavolta durerà poco, che è solo una banale misurazione di diametri, una semplice ispezione dei bordi per accertare che non ci siano versamenti infiltrativi. Lei però non si fida, ha sempre una paura fottuta quando si siede lì mentre aspetta che qualcuno pronunci il suo cognome con la voce metallica dell’altoparlante che proviene dalla camera delle radiazioni.
Qualche espediente se lo deve inventare per tenere la mente impegnata e non farsi vincere dall’angoscia. Lei sa che convoglierà l’attenzione sui particolari: il tubo di metallo che costringe le sedie a stare insieme, l’asimmetria del seggiolino di mezzo non centrato fra le finestre, i livelli delle tapparelle nel loro equilibrio millimetrico.
Che lei abbia vent’anni, cinquanta o novanta, differenza non fa.
Quel mattino è domani, da qui alle sette c’è ancora tanto tempo.
Ormai son le otto, speriamo che Lei abbia già finito. 🙂
Si, speriamo Sally 🙂
Dark blue
Sometimes
mi ricorda “una ragazzina” che vedevo affacciandomi alla sala dattesa dell’ambulatorio e di cui avevo scritto tempo fa.
ml
…ne ho un vago ricordo anch’io. Teneva un libro in mano o scriveva appunti su un quaderno? 😉
un libro come uno scudo 🙂
Allora è proprio lei! 🙂
Inchino Stefi. Bellissima la foto della testata. Buona serata,65Luna
Grazie 65Luna! E’ uno scatto della scorsa estate sulla spiaggia di Maimoni, nel Sinis.
Un abbraccio e buona serata a te. 🙂
Una storia come quelle vissute da tante persone, in attesa in una sala asettica, più o meno preoccupate, più o meno fortunate. Mi sembrava di essere lì, tra quei seggiolini tutti attaccati, di plastica bianca e blu, davanti a una finestra, ad ascoltare passi strascicati lungo un corridoio. Brava Stefi!
Sono esperienze che in molti viviamo. Ci vuole coraggio e tanta pazienza.
Grazie Andrea!