Le ha trovate lui le rose giuste.
Le ha lasciate sul tavolino di legno dell’ingresso,
quello incastonato nel muro di pietra.
E’ un mazzo corposo di steli affastellati in geometria sparsa.
Così simbolico, così significativo.
Il calore del legno che penetra la solidità della pietra.
L’abbondanza sfacciata e il disordine domato.
Le foglie di sabbia che si chiudono accartocciandosi.
I petali di sangue raffermo.
I boccioli luminosi che paiono di cartapesta.
Queste rose me le ha lasciate lui.
Racchiudono l’universo opaco del nostro tempo che scorre.
*Fine
Opaque roses
Opaque love
bellissime!
Si, le rose son belle sempre.
Ciao Lisa! 🙂
due mazzi di rose ricevuti e interpretati in modo diverso dai due protagonisti, più propositivo lui sia nei riguardi dei fiori (devo, devo, devo) che dell’amore tra loro, più fredda, disincantata (cinica?) lei che non a caso parla di opacità del tempo (e dell’amore)
almeno così ho percepito le due parti.
ml
Forse sono solo due modi diversi di disperdere un amore.
Sono d’accordo con Massimo, mi sembra più fredda lei. Fredda come la pietra, mentre lui è il legno?
Bella domanda Andrea, grazie. Io li vedo altalenanti nel parallelismo delle reciproche consapevolezze, come un’onda che lascia una risacca in cui entrambi nuotando fra il freddo della pietra e il calore del legno.
Questo mazzo mi mette tristezza! 😕
E’ un mazzo malinconico 😦
Sono i fiori secchi in genere che mi mettono tristezza, mi ricordano i cimiteri! 😦
Io ne apprezzo la bellezza, seppur fragile. 😦
Melanconia, ecco la pargola giusta pere mè…
So sad…
…già!
Ancora poesia…
Ancora la tua gentilezza. 🙂