“Devi camminare ancora, non è qui.”
Flora lo dice senza alcuna pietà per le mie gambe stanche, non si cura della mia fatica. Nemmeno io, per la verità. Flora ha trovato nostro padre, è l’unica cosa che importa, alle gambe penserò poi. Non so come abbia fatto a scovarlo, lo abbiamo cercato per tutta la vita senza riuscire a scoprire nemmeno il suo nome. Io, dopo anni di tentativi inutili, ho rinunciato; Flora no, Flora non molla mai. Tracce di lui non ce n’erano, non nei ricordi deliranti ed incoscienti di nostra madre, non nel silenzio dei parenti, non all’anagrafe cittadina. Un uomo comune, scomparso in un giorno qualunque quasi quarant’anni fa. Un’assenza improvvisa che ha tradito solo me e Flora, gli unici esseri al mondo interessati a lui, benché fossimo ancora in fasce, incapaci di comprendere, benché di lui non conservassimo alcun ricordo, nemmeno una fotografia sbiadita.
“Allora perché mi hai fatto venire alle Cinque lune, se lui non è qui?”
“Perché volevo avere il tempo di parlarti.”
“Di cosa, Flo?”
“Del fatto che sarà sconcertante, un colpo duro, non facile da accettare. Soprattutto per te. Te la senti?”
“Soprattutto per me…ma che dici? Certo che me la sento! Chi è? Dov’è? Voglio vederlo.”
Flora mi prende a braccetto, lascia che mi appoggi a lei mentre mi guida verso Via Agonale. Mi fa segno di guardare l’insegna luminosa che troneggia sul negozio che compare dietro l’angolo: Al sogno. Quante volte io e Flora ci siamo detti che ritrovare nostro padre sarebbe stato un sogno? Ecco, il sogno ora è qui, sotto un’insegna di sbieco che lo decreta a chiare lettere. Guardo di fronte a me e lo vedo, non c’è bisogno che Flora me lo indichi, l’uomo che sto osservando sono io, con trent’anni in più. Lo stesso corpo, solo più chino e più stanco, lo stesso viso, con la barba lunga da hypster o -più realisticamente- da barbone. La stessa, identica, menomazione fisica, quel modo di claudicare sul bastone con la medesima inclinazione della schiena che ho io.
Non so se voltarmi e piangere.
Non so se corrergli incontro.
Ascolto Flora che mi dice:
“Cammina, Adamo, cammina. Con le mani, con le orecchie, col cervello, cammina con quello che vuoi, ma cammina”.
**fine
Arrivata al: “non so se voltarmi e piangere”, è venuto da piangere a me.
Mi sono immedesimata in Adamo, ho provato ad entrare nelle sue emozioni.
Walk!
With brain!
Di questo racconto mi viene da immaginare la costruzione: una città ‘nuova”, una fermata dal nome curioso, un uomo che zoppica, un negozio dal nome accattivante, una suora, che a Roma ce ne devono essere di ogni eta’ e tipo, e la tua fantasia che comincia a lavorare, unire questi quattro punti cardinali.
Piaciuto il risultato.
ml
Avevo tutto sotto gli occhi, dovevo solo tracciare mentalmente la linea d’unione dei punti cardinali. L’atmosfera romana ha fatto il resto.
Grazie.
Triste, veramente triste storia… forse si può vivere anche senza un genitore!
Sapessi quanto è vero quel che scrivi… 😦
😦 triste!
A presto Vanni, la prossima volta sarà un sorriso 🙂
🙂 anche ora!
🙂 si, anche ora!
Bellissimo amica, adesso aspetto il sorriso.
🙂
Cara Stefania,
entusiasta da ciò che hai scritto
spronato dal “cammina…cammina”
Un nubifragio interiore m’avvolge….
camminerò anch’io. ” la vita è un bersaglio al centro ma il centro non lo centri mai”
AUGUSTO DAOLIO IN UNA CANZONE DI AIDA SATTA FLORES
CIAO! CONTINUA A SCRIVERE NEL TUO BLOG AMICA MIA!!!!
MIRCO
Grazie per l’entusiasmo, Mirco caro. Sono contenta che ti sia piaciuto.
Augusto mi è caro, così come Dante, mio compaesano precocemente scomparso. Buon agosto con un abbraccio!