Magda, tesoro,
ieri ho bighellonato in giro per la città, di qua e di là dal Tevere, confuso fra i turisti. Speravo che l’ultima giornata d’inverno offrisse la luce giusta a chi, come me, era in cerca di idee: il cielo era quello di maggio, la vegetazione quella di una primavera accesa, l’aria tiepida di un ponentino precoce.
A Roma è così, lo sai bene: le stagioni, ogni tanto, si mescolano.
Mi illudevo di trovare uno spunto decisivo, una chiave di volta per i miei quadri. Mi sarei accontentato anche di un flebile bagliore di creatività o di un misero lampo di ispirazione.
E invece nulla.
Sono partito di buon ora e, nelle mie scarpe comode, ho camminato a lungo fra le vie del centro senza udire voci, se non quelle che mi risuonano dentro ogni volta che mi prende quest’inquietudine insopportabile. Mi sono ritrovato al centro di Piazza Navona, fra i cavalletti dei pittori e le dita rapide dei caricaturisti, ed è stato lì che ho capito tutto: l’ispirazione non c’entra, il problema è la mia realtà. Non posso continuare a fingere che le tele siano troppo piccole per farci stare ciò che voglio ritrarre, non è così che stanno le cose, mentirmi non serve più. E’ giunto il momento di accettare che sono le mie mani, ormai ingovernabili, a non essere più capaci di entrare nelle tele come corpi vivi in grado di plasmarle.
Io non sono più un artista, Magda cara, è questa la mia verità.
L’artrite reumatoide, il mio cancro personale, ha ucciso il pittore che c’è in me, facendo nascere un nuovo Saverio, un uomo tormentato che vive di frustrazioni.
Perché senza la pittura non ho rifugi in cui nascondermi.
Mi sono spinto fino al Pincio e ho pensato a te.
Ho ammirato a lungo il panorama che si gode da lassù: i tetti, le cappelle, le guglie, le cupole, le terrazze. Mi sono chiesto quale di quei luoghi vorrei abitare con te e mi sono risposto che li avrei scelti tutti: le chiese e i musei, le soffitte e le cantine, le logge e i pied a terre. Poi mi è comparso davanti agli occhi il quadro che ti regalai tanti anni fa, quello che ritraeva l’uomo maturo e la ragazza sulla spiaggia di Scivu, il dipinto della tua immaginazione.
E in un attimo ho capito che è quello l’unico rifugio che voglio abitare.
Saverio.
Trastevere, 21 marzo 1997
Bello. La vecchiaia e la malattia ci rendono piu sensibili?
..forse più umani. Grazie.
Due lettere d’altri tempi scritte con il giusto stile epistolare. Roba rara ai tempi di fb e twitter…. Bravissima!
Sapessi Maria, sono sempre stata antica e nostalgica, fin da ragazza, e fatico ad adeguarmi al mondo social che proprio non fa per me. Grazie cara, ti mando un bacio. 🙂
Lo prendo al volo! 😉
Brava e sensibile come sempre…belli e riusciti anche i tempi del monologo/riflessione interiore.
Mi sono ritrovata in quei passi in libertà nel centro della mia città
Ciao un abbraccio
Alessandra
Cara Alessandra, sono felice di averti di nuovo fra queste righe e ti ringrazio per gli apprezzamenti. Sento una nota di nostalgia: Roma ti manca? Ricambio l’abbraccio. S.
Bene, abbiamo scoperto che Saverio mi è pittore!
beh, forse l’action painting, potrebbe essere un’ottima terapia…
vedo con piacere che sono ancora insieme! 😀
ciao Vanni
Ogni tanto, ma solo ogni tanto, mi concedo il lieto fine. 😉
Action painting???
Action Painting… nel senso che se Saverio ha dei problemi con le ”mani ingovernabili” può buttarsi sul gesto, mi sembra un linguaggio molto liberatorio…
😀
…e Saverio ha davvero bisogno di liberarsi. Grazie Vanni, a presto. 🙂
Saverio, quanta tenerezza mi ispira……conosco da vicino il mostro che si chiama artrite reumaoide e so quante limitazioni,frustrazuioni e dolore procura…..
Eh si Paola, è un mostro, hai proprio ragione.
Un abbraccio.