Saverio caro,
sostieni spesso che la mia immaginazione sia troppo vivida per la mia età, come se la fantasia fosse una prerogativa da bambini, destinata a svanire quando si diventa adulti. Forse hai ragione tu, o forse ho ragione io quando dico che le tue radici hanno in me origini lontane e che se mi ostino così tanto a non lasciarti andare è perché non sono capace di rinunciare a te, che sei il mio complemento, la mia staffa, l’altro mio io.
Tanti anni fa, quando ancora mi chiedevi di dipingermi in controluce, seduta sul davanzale della finestra di Trastevere e io, fuggendo in Sardegna, mi negavo, vidi un uomo e una ragazza sulla spiaggia di Scivu. Era settembre, il lungomare deserto, il mare caldo, il sole stanco. Lei aveva circa la mia età di allora, forse qualche anno in meno, lui ne aveva molti di più. Venivano spesso dalle mie parti, giravano in moto lungo la Costa Verde e nell’Iglesiente. Lui non si spogliava mai, non faceva il bagno, se ne stava sdraiato sotto un piccolo ombrellone piantato troppo basso, con gli occhiali da sole, la maglietta e i pantaloncini corti, un libro fra le mani, le sigarette. Aveva l’aria e l’atteggiamento di uno che non provava interesse per il mondo. Lei non era bella, aveva un corpo secco e nervoso in cui si sentiva completamente a proprio agio. Indossava solo gli slip ed il seno, piccolo, lo lasciava libero. Si tuffava spesso e quando risaliva non si stendeva al sole per asciugarsi, ma si stringeva a lui, completamente bagnata. Gli si avvinghiava in modo animalesco, non curandosi della sabbia appiccicosa, delle gocce salate, della mia curiosità. Lui la teneva lì, grondante d’acqua, strafottente in quel suo atteggiamento di superiorità manifesta. Continuava a fumare, a leggere, a infischiarsene di tutto, ma intanto se la teneva stretta. Non la lasciava scappare perché quella ragazza era roba sua.
Nella mia immaginazione troppo vivida, quei due eravamo io e te.
Sai che ti dico, mon cher? Che puoi lasciarmi tutte le volte che vuoi, ma che non sarai mai capace di abbandonarmi.
Magda.
Iglesias, 31 ottobre 1990
Molto bello il quadretto che hai saputo narrarci.
Grazie Rodix, è un ricordo di Scivu di tanti anni fa. Ne ho fatto una lettera per fissarlo nella memoria.
Molto belli i personaggi che hai saputo riportarci, dispari e passionali. Una nuda e bagnata che si fa stringere da lui vestito che l’asciuga e la trattiene. Una metafora coinvolgente. 🙂
Esistono davvero, chissà che fine hanno fatto, chissà se sono ancora così dispari e così passionali. 😉
Quel “mon cher” mi fa morire…
Eh…Magda sa il fatto suo. Ciao Sally! 🙂
Grazie di questa nuova ” chicca”. L’accenno alla spiaggia della Sardegna poi……
Grazie a te Paola, la Sardegna è sempre nel mio cuore.
Anch’io quando vado in spiaggia sono messo così, però non fumo…
Gran bel racconto introspettivo, come sempre tanta stoffa! ci abitui troppo bene! 🙂
E tu sei sempre troppo generoso, caro Vanni. Grazie 🙂
Bella la tua mise da spiaggia… 😉
Cara Stefania,
la fantasia…
La fantasia è la capacità di sognare,
la capacità di volare.
Oltre… la palude stagnante della realtà, oltre… gli scogli dell’inciviltà e dell’imbarbarimento.
Là dove dimora il sereno, la nuvola azzurra che ci permette di raggiungere la vetta
del sublime e della purezza.
Spento il mondo, senza la capacità di cogliere da un frammento, un coccio rinvenuto alla luce
dopo secoli. E ricordare le civiltà che ora abitano nella memoria
La nostra fantasia, non lasciamocela portare via…
Oltre… essa ci conduce oltre…
là dove il cuore mette le ali, per raggiungere la serenità, e … la felicità.
Mirco caro, nelle mie orecchie risuonano dolcemente le tue parole: profonde, armoniche, intense. E’ quel condurci oltre che dà un senso a ciò che facciamo. Grazie, amico mio poeta. Ti abbraccio, sulle ali della fantasia.