Storia di Adele (nella giornata internazionale contro la violenza sulle donne)

Adele

L’ombretto grigio ed il correttore scuro coprono il livido più recente, quello che contorna l’occhio sinistro. La faccia di Adele, truccata così, sembra quasi normale. Si vede diversa quando è seduta lì, sulla poltroncina nera davanti allo specchio del parrucchiere, con l’impiastro colorato nei capelli, la mantellina di plastica, le orecchie esposte. Bardata in quel modo le sembra di essere forte. E invece non lo è.

Quando è a casa, Adele, evita di guardarsi allo specchio, non ce la fa più ad affrontare la propria immagine al naturale, ha bisogno di barriere per coprire la vergogna di un corpo violato. Al mattino, quando si alza dal letto, si lava la faccia con gli occhi chiusi, perché per sostenere l’impatto visivo dei propri lineamenti tumefatti serve un coraggio che lei non ha. Si trucca con le spalle allo specchio, alla cieca, e fin che non è certa di aver coperto con il fondotinta il grosso delle cianosi, non si volta per guardarsi.

Adele ha cinquant’anni e oggi, che è il giorno in cui li compie, si mette in cerca dei suoi anni passati. Guardandosi allo specchio si chiede dove siano finite tutte le facce e le vite dell’Adele che non ricorda quasi più.

Dove sono finiti i vent’anni, il corpo da poco fiorito, la chioma leggera e naturale come la spensieratezza di un’età priva di responsabilità. Gli anni delle serate con la compagnia del quartiere, dello stuolo di corteggiatori gentili, delle avventure incoscienti sulla spiaggia, delle confidenze con le amiche solidali.

Dove sono finiti i trenta, quando ha conosciuto lui che le sembrava il vero amore, l’unico universo possibile, un dono del cielo. Dove i primi anni d’idillio, quando ai mazzi di rose alternava scatti improvvisi di “fisiologica” gelosia per i quali Adele si sentiva persino lusingata. E quando, si domanda Adele fissandosi negli occhi, quando è stato il giorno, l’ora, il minuto in cui gli ha consentito, per la prima volta, di alternare alle orchidee gli schiaffi a mani aperte, i pugni chiusi con le nocche dure, i calci violenti dalla punta degli scarponi.

Dove sono finiti i quaranta, quando il suo matrimonio non le sembrava un incubo solamente perché c’erano i figli da crescere, loro che hanno provato a salvarla e a portarla via da lui, e che poi se ne sono andati loro, rassegnati e sconfitti.

Dove sono finita io? si chiede Adele nel vuoto dello specchio.

Dov’è finita Adele?
C’è qualcuno che la può aiutare?

http://www.nondasola.it/
http://endviolence.un.org/orangeday.shtml

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12 pensieri su “Storia di Adele (nella giornata internazionale contro la violenza sulle donne)

  1. Oggi sui giornali e in televisione si leggono e si ascoltano tante considerazioni importanti su questo argomento. Mi piace la tua idea originale di trasformare questo tema in un racconto. Grazie!

  2. Cara Stefania,
    grazie alla via informatica una volta ho conosciuto una ragazza.
    Siamo diventati amici, lei ha una quarantina d’anni. Anch’essa ha la nostra passione di scrivere
    e partecipa costantemente a premi letterari. Le ho espresso il desiderio di conoscerla
    personalmente. Questo ancora non è avvenuto, perché lei in età adolescenziale è stata violentata.
    Tutt’ora è costantemente seguita dagli psicologi.
    E’ chiusa nel suo assordante pensiero di contrarietà a conoscere fisicamente, altri uomini.
    Mi dispiace tantissimo, per lei e per tutte le donne che in ogni parte del continente subiscono
    violenza sessuale.
    Ti ho voluto citare questa vicenda per dire che sono vicino, moralmente a tutte le donne.

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