Cigno nero

E’ da tre giorni che Jacopo ha messo una canzone di Fedez in loop sull’iPod.
Fa sempre così, quando si innamora di un pezzo lo ascolta fino alla nausea.

Il volume di Cigno nero è talmente alto che Catia sente le note filtrare dalle cuffiette. Scosta la porta della camera di Jacopo per chiedergli di abbassare l’audio, ma appena vede suo fratello completamente rapito dalla musica, cambia idea e si trattiene.
Lo osserva a lungo, in quella sua posa tipica, sdraiato sul letto a pancia in su, con le braccia incrociate dietro la nuca e le punte dei piedi a battere il tempo.
Jacopo ha gli occhi chiusi e dalle labbra si lascia sfuggire solo qualche parola rappata. A Catia non piace il linguaggio dei rapper, lei è più grande, ama generi musicali più sofisticati, ma Cigno nero ha un ritornello melodico martellante che non lascia scampo. Sono solo otto versi, più volte ripetuti, che Catia non riesce a togliersi dalla mente, perché è da tre giorni che la voce di Francesca Michielin, rabbiosa e disperata, le canta dentro.

Catia entra nella stanza, si sdraia accanto a Jacopo, si stende, come lui, a pancia in su.
Jacopo si toglie la cuffietta sinistra e la porge a Catia che, senza guardarlo e senza parlare, se la infila nell’orecchio.
Ora sono in due, distesi fianco a fianco, a battere il tempo con le punte dei piedi.
E quando arriva lo stacco, è Catia che bisbiglia:

La lacrima che brucia
il vento la consuma
il nero che mi sporca
tanto poi si lava
e tutto ciò che ho perso
io lo perdo ancora
mi tengo dentro il vuoto
che di te mi resta

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10 pensieri su “Cigno nero

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