Mi piace quel ragazzino. Non ho ancora capito se sono io ad imbrogliare lui o lui a prendersi gioco di me. Credo, più verosimilmente, che di bisogno si tratti e non di inganno. Un bisogno reciproco, il nostro, una necessità vitale, in qualche modo: di crescita per lui, di sopravvivenza per me.
Ho avuto un’esistenza banale e non posso trincerarmi, per giustificare le mie numerose dipendenze, dietro drammi infantili, lutti non elaborati, maltrattamenti subiti. Non ho scuse, sono solo una donna debole che è stata viziata e protetta da due genitori ingenui e troppo accondiscendenti, una smidollata che si è persa negli abissi di una vita inconsistente. La colpa è solo mia, che invece di ringraziare ed impegnarmi, ho sperperato in polveri, alcolici e pasticche tutto ciò che mi è stato dato, compreso l’affetto. E’ un giudizio corretto quello che la madre di Giacomo esprime su di me ogni volta che mi spia da dietro le tende della sua cucina. Quell’arpia ha ragione: sono una farabutta.
Giacomo è l’unica persona che si prende cura di me, o meglio, che mi controlla; non passa giorno che non verifichi da dietro i vetri della sua stanza se esisto ancora. Vuole sincerarsi che l’ombra di Vittoria sia viva. Ogni tanto lo ringrazio, a modo mio, inscenando spettacoli di danza e canti sfrenati con le luci accese e le finestre aperte. Il ragazzino ride di gusto quando mi vede così brillante; nelle fasi euforiche so essere divertente e rassicurante, Giacomo si rilassa e va a dormire tranquillo. Quando sento il down arrivare, invece, lascio filtrare il sole del pomeriggio dalle persiane, facendo in modo che la mia sagoma si proietti contro il muro, così Giacomo sa che mi sto trasformando in un’ombra e rimane in allerta. Quando, poi, mi vede rincasare di prima mattina, sa che le cose si metteranno per il peggio e si tiene pronto a fare, educatamente, irruzione. La cosa più importante di tutte è non chiudere a chiave la porta di casa, la lascio sempre aperta e lui lo sa.
E’ il mio specchio Giacomo, io gli mando segnali precisi, lui reagisce specularmente.
Finché mi vedo in lui, vuol dire che sono viva.
** Fine
Speculare Giacomo, speculare il racconto! Bello.
Un’ombra e uno specchio.
Grazie!
Bello…
Grazie! 🙂
Pedofilia terapeutica. Bella la coppia che si forma ed i due che si accudiscono.
Bello quando ci si cerca nei dolori e ci si trova nelle responsabilità, e viceversa. Originale e calzante la tua definizione. Grazie Rodix, bentornato.
Ottima la scelta di far parlare Vittoria in prima persona. E mi piace come lei non si fa sconti. E’ una persona migliore di quel che sembra.
Ciao,
ml
Una franchezza disincantata ricambiata da un affetto che si è guadagnata, a modo suo. Hai ragione, è davvero migliore di quel che sembra.
Grazie ml
Letti di seguito Giacomo e Vittoria sembrano un tutt’uno. Le immagini dell’ombra e dello specchio sono perfette per descriverli. Grazie per aver mantenuto la promessa dei racconti. Sempre bello leggerti. Un bacio cara Stefi.
Cercavo due immagini che si “riflettessero”, proprio come si riflettono Giacomo e Vittoria. Grazie a te Maria, ricambio il bacio e ci aggiungo un abbraccio! 🙂