In questo fine settimana sportivo che parla francese, a ronzarmi in testa c’è una frase di Jacques Villeneuve, figlio dell’indimenticabile Gilles a cui il circuito automobilistico di Montréal è dedicato.
Una frase pronunciata con una certa solennità, poco prima delle qualifiche, con un tono di afflizione intrisa di enfasi. Un frase che suona più o meno così: “Quando sei in Formula 1, sapere che il tuo rivale, nonché amico, corre più forte di te, è una consapevolezza capace di rovinarti la vita”. Si riferiva a Hamilton e Rosberg, rivali di oggi e amici, presunti, di sempre.
Se lo dice Jacques, pilota meteora degli anni novanta che nel 1997 vinse un mondiale guidando una Williams, c’è da credergli. Se lo dice lui che è figlio di cotanto padre, c’è da rifletterci su, con molta attenzione.
Li vediamo in tante vesti umorali questi piloti di Formula 1, tutti uguali (tranne Kimi) nella gioia della vittoria, nella delusione della sconfitta, nella rabbia quando la cattiva sorte si accanisce.
Non avevo mai pensato che ci si potesse far rovinare la vita da chi è capace di volare più veloce di te, da chi è più bravo, da chi ha più talento. Perché non è di sana invidia che stiamo parlando, ma di qualcosa di più profondo, di una ragione assoluta che non lascia via di scampo, dell’essenza stessa di essere un pilota.
E allora mi accingo a guardare il Gran premio del Canada con occhi diversi, liberandomi dalle sovrastrutture, dal mio solito modo empatico di vivere la gara, dagli stereotipi di cui anch’io sono satura, come tutti. Provo a lasciarli nudi, questi occhi, perché vorrei sentire quel che prova il pilota, immedesimarmi in quella consapevolezza capace di rovinarmi la vita da cui dipende il mio futuro, la mia felicità. Salirò in macchina con Nico o con Lewis e proverò a pensare come loro, cercherò di capire perché è così importante vincere.
Per come sono fatta, già lo so che faticherò, mi verrà in mente la competitività limpida di Rafa Nadal che ha appena sconfitto Nole Djokovic nella finale del Roland Garros. Con rispetto, col giusto agonismo, quasi con affetto. Scaccerò il pensiero delle vittorie senza cattiveria, provando ad avvicinarmi all’idea che se a vincere è il migliore, a qualcun altro gli si rovina la vita.
E se non ce la farò, chiederò aiuto alle galline, che sempre mi fanno compagnia quando si corre Montréal.
https://righeorizzontali.wordpress.com/2013/06/06/lantennista-le-galline-e-il-gp-di-montreal/
insieme a Spa, Montreal è il più bel circuito del mondiale e anche pochi minuti fa l’ha dimostrato.
Ricciardo, vincitore imprevedibile, col suo sorriso aperto anche quando perde, sembra smentire le parole di Villeneuve, che d’altronde nella sua carriera ha dimostrato che non basta vincere un mondiale per essere più grandi di un pilota immenso che pure di GP ne aveva vinti troppo pochi, suo padre.
ml
Hai ragione ml, Jacques vinse un mondiale facile, di rivali quell’anno non ne aveva e fu una meteora nel mondo della F1. Ora, come commentatore, ha qualcosa che altri non hanno perché non solo riporta la sua esperienza di pilota, ma soprattutto quella di figlio di un mito. Da bambino ha girato i circuiti di tutto il mondo al seguito del padre e più di altri capisce cosa significhi vivere per la F1. Sono contenta per la vittoria di Ricciardo e ho avuto molta paura per Felipe. E poi, cavolo!, nemmeno quando le Mercedes hanno problemi, le rosse ne sanno approfittare.
Ma lo sai che le cose che scrivi tu con questo tuo sguardo introspettivo e originale non le scrive nessuno? Tutti a fare i fenomeni tecnici, i super commentatori e tu con poche frasi cogli aspetti interessanti su cui nessuno si sofferma. Brava Stefi, mi piace la TUA F1!
Ma grazie Alex! Troppo generoso! Sarebbe bello fare la giornalista sportiva. Mi piacerebbe assai.
Ce la faresti alla grande!
Hai molta fiducia in me, grazie!
Amica mia, un premio per te:
http://liveeread.wordpress.com/2014/06/10/lovely-book-award-2014/
Grazie Rosy! Sono onorata! Un abbraccio forte mia cara.