Gestisce un banco di tessuti, giocattoli e chincaglierie. Difficile attribuirle un’età precisa, forse fra i trenta e i quaranta, è una donna che vive male la propria giovinezza. Ha i capelli ramati, lunghi e poco curati, la pelle diafana e lentigginosa, le braccia robuste. Una voce mascolina e profonda esce dalle sue labbra filiformi: un crepito, un rantolo, suoni disarmonici. Indossa una maglietta turchese con un supereroe della Marvel stampato sul ventre e sul seno florido la scritta: I’m a girl.
Se ne sta ferma al centro della suo stallo, con i piedi ben piantati sul suolo e le mani ben salde sul registratore di cassa. Lo sguardo mai fermo ruota sulla merce, sui clienti, sui suoi “collaboratori”. Movimenti oculari continui a cui niente sfugge, artigli al posto delle sopracciglia e telecamere di sicurezza al posto delle pupille.
Intorno a lei due giovanissimi ragazzi del Sud America, dai tratti somatici boliviani o ecuadoregni, si danno da fare eseguendo gli ordini di Girl. Sono loro che servono la clientela, che sorridono, consigliano, imbustano gli acquisti, ritirano il denaro che dalle loro mani finisce direttamente in quelle del Capo. La chiamano così: Capo.
La rispettano e la temono, è da lei che dipendono, altro non possono fare. La loro sollecitudine, cortese ed educata, è velata da un impalpabile soffio di paura. Forse è solo la mia immaginazione a percepire quel soffio o forse è l’empatia che provo nei loro confronti a farmelo avvertire, leggero, sulla pelle.
C’è un contrasto cromatico pesante fra questi due ragazzini e Girl, un contrato che rievoca epoche passate su cui si affacciano brutti pensieri che bisognerebbe scacciare. Lei così bianca che comanda, loro così scuri che eseguono gli ordini.
Gli affari vanno bene, di denaro ne scorre parecchio, l’incasso sarà alto, Girl soddisfatta. E ai ragazzi, forse, sarà concesso un pomeriggio di riposo.
Invece di comprare un vaso vorrei spendere i miei soldi per comprare un po’ di libertà, nel caso ne avessero bisogno.
Girl, leva le mani dalla cassa 🙂
.. e dai ragazzi!
Per cogliere il lato sociale e umano da tutto ciò che quotidianamente ti accade sotto gli occhi e che attrae la tua attenzione necessita che la spia sensoriale della sensibilità sia sempre accesa. La tua lettura fra le righe di un, apparentemente, banale rapporto di lavoro mi porta, forse, ad una affrettata conclusione: la consapevolezza che tutti devono obbedire a qualcuno o a qualcosa. Il raggiungimento di un equilibrio ponderato fra il richiedente d’opera e il prestatore d’opera regola e garantisce la buona convivenza. il rapporto con l’ “altro” , anche non di lavoro, si fonda su compromessi delicatissimi che spesso però saltano violentemente. Sarebbe bello dare seguito al tuo generoso sentimento: sarebbe il denaro meglio speso che non aumenterebbe il fatturato di nessuno ma arricchirebbe tutti.
Che bello Franco questo tuo commento! Arricchisce la mia storia di nuove consapevolezze. E’ una riflessione che apprezzo e che allego alla storia di Girl come un’appendice. Grazie! Un abbraccio amico caro.
il ritratto è perfetto ma certo non mi fa amare questa donna tutta severo raziocinio e niente sentimento.
“..le mani ben salde sul registratore di cassa”, brr che freddo
ml
…e che paura.