I carradoni di campagna, le cioppe di pane, lo scavesso nel corpo di una donna, i bensoni da intingere, le brostoline da spellare e le fole da raccontare.
L’Osteria della Fola è un regalo di Giuseppe Pederiali alla “bassa” emiliano romagnola. Un bell’elogio ironico e distaccato di una terra operosa che nella sua profonda saggezza non ha mai perso di vista lo stupore dell’ingenuità.
I tanti e mirabolanti personaggi che animano i racconti della fola viaggiano fra le pianure delle province di Modena, Reggio, Bologna e Ferrara; in epoche diverse, con animi differenti. Non ci sono solo uomini e donne illustri che hanno fatto la storia di queste terre, ma anche anonimi paesani e creature della fantasia.
C’è Matilde di Canossa che si invaghisce di un servo, un’ostessa scostumata che seduce gli avventori dell’osteria, lo scultore Wiligelmo alle prese con un angelo, una figlia di nessuno la cui pelle profuma di vino, un rapace a tre zampe che si nutre di lambrusco.
Popolato di animali notturni della tradizione e dell’immaginifico, come la palapstrìga, il foionco e la bosma, L’Osteria della Fola è una lettura che rinsalda le radici, riavvicina alla propria terra e celebra il morbido ed avvolgente affetto per i nonni, che di fole ce ne hanno raccontate tante.
Proprio oggi, intrisa come sono di quest’aura emiliano-nostalgica, quando mio figlio mi ha chiesto: “mamma, cos’è un nickname?”, mi è sembrato naturale rispondere: “uno scutmai!”
Perfino la gente, a novembre, aveva un suo odore: le giovani donne sapevano di pulcino, e i maschi di selvatico, come i gatti di Selva Bella.
Parole “grasse” quelle del nostro dialetto….
Stavolta lo conosco! Pederiali e la sua bassa intendo! Non ho letto questo libro ma altri suoi, i gialli con l’ispettrice Cagliostro come protagonista e in quell’Osteria ci ho mangiato. Molto bene anche, potremmo un giorno andarci tutti insieme.
Magari Robbi, sarebbe bello. Hai mangiato all’osteria della Fola?
se non sbaglio (ma potrei farlo) l’osteria di cui parla il libro è un agriturismo a Soliera chiamato l’Oca Bigia…
..ne ho sentito parlare…
visto il titolo, speravo fossi tu l’autrice (non per la “fola” che da noi vuol dire scema!!!, ma per l’osteria) in un amarcord della tua infanzia.
ml
Eh…in effetti, ripensando all’infanzia nell’osteria, di aneddoti e di fole da raccontare ne avrei anch’io.
Forte… da voi si dice “scutmai”, da noi, a Mantova “scurmai” 🙂 Ciaooo
Sono della bassa reggiana, ci separano pochi km e una sola consonante. Benvenuto Niko!
Grazie mille! A prestissimo 🙂
Ho finito da poco di leggere “l’osteria della Fola”. Pieno di poesia che sa di terra,di magia e di fantasia. Racconti che le madri inventavano per i loro figli o semplicemente voli immaginari un po’ realistici e un po’ no. Voglio leggere gli altri libri di Pederiali.
Bellissima la tua descrizione di questo libro. Anche io voglio leggere gli altri libri di Pederiali. Buona giornata!
Immagino che l’immagine sia opera tua. Così ti ho citata.
🙂
Si, è opera mia e per ringraziarti ti cito a mia volta.
http://unuomoincammino.blogspot.it/2015/02/losteria-della-fola.html?showComment=1424703629620
Benvenuto 🙂
“scutmai” è incommensurabilmente meglio di nickname!
Diciamo che… l’educazione ai nostri figli ha perso il contesto rurale, storico, economico e sociale che ha reso superlative alcune novelle di Pederiali.
Azzurra non va al gran ballo e tanto meno ci va in bici nelle notti di nebbia.
Azzurra vive ora al 5° piano di un condominio a Ferrara, forse, non sa cosa sia la bici ma sa come dichiarare l’amicizia sul faccialibro, invece dei rospi aveva il tamagochi.
Già.
Condivido ogni tua parola e infatti cerco di crescere i miei figli trasmettendo loro il sano contesto rurale, storico, economico, sociale legato alla nostra terra e nostre alle radici. E’ una battaglia contro i mulini a vento, lo so bene, ma io non mollo.
Grazie.