Storia di Rosa, gradazioni di felicità

Un maglione amaranto aderente e scollato, una collana argentata di anelli ovoidali fra loro intrecciati. I capelli corti, leggermente cotonati, il collo lungo e nervoso in evidenza.

Un paio di occhiali tondi dalle lenti spesse il cui colore, cremisi, con l’amaranto ben si sposa. Nella mano sinistra stringe un kleenex che ogni tanto passa sotto il naso con delicatezza. Nella destra il cellulare, che controlla in continuazione.

Non è concentrata, ascolta il relatore del corso di aggiornamento simulando un falso interesse. Forse, come la maggior parte delle persone sedute in questa grande aula di formazione, pensa ad altro, a quel che dovrà fare stasera, a quanto manca alla fine della lezione o, più probabilmente, al contenuto di quegli sms che vibrano fra le sue mani.

Muove le gambe ritmicamente, scandisce il tempo picchiettando l’aria su e giù con la punta dei piedi.
E sorride.

I temi che ci stanno illustrando non sono affatto divertenti: imperizie, imprudenze, negligenze. Eppure lei sorride. Guarda di nuovo il display del suo smartphone e sobbalza sulla sedia, compiaciuta.

Il rossetto vermiglio, che col cremisi vorrebbe intonarsi, è leggermente sbavato all’insù e ogni volta che le scappa un sorriso, quel baffo rubino le invade la guancia.

Poggiato sul banco c’è un grande quaderno sulla cui copertina sta scritto il nome Rosa.

Questa donna ha il nome di un fiore e su di sé tutte le gradazioni più accese di quel colore.

E’ felice Rosa e in un attimo io mi accorgo che la felicità non la so raccontare.

Rosa

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Questo articolo è stato pubblicato in . da Stefi . Aggiungi il permalink ai segnalibri.

11 pensieri su “Storia di Rosa, gradazioni di felicità

    • Grazie. Non sembra anche a te che nella felicità non ci siano ragioni da indagare? Mentre nel dolore, nelle tribolazioni, nella sofferenza emerge naturalmente il bisogno di scavare per capire?

  1. indubbiamente, la sofferenza (altrui) è più “fotogenica” della felicità, quando la vuoi ritrarre, e il dolore (proprio) se non è eccessivo amplifica la sensibilità. Con questo non è che dobbiamo puntare a uno stato di perenne infelicità 🙂
    buona serata
    ml

  2. …è il kleenex, è colpa del kleenex confonde, un racconto sulla felicità è raro, siamo pronti e aspettiamo sempre il peggio e poi i bei racconti non ci piacciono sembrano noiosi, comunque non è vero, la racconti benissimo, va via molto semplice, liscia come l’olio… 🙂

    • Grazie Vanni, hai colto il senso di quel kleenex, messo lì per confondere, come un vago e sfumato riferimento al dolore. Il tuo occhio da fotografo sa mettere a fuoco immagini bellissime e parole mascherate.

      • grazie Stefi, sai usare sempre le parole giuste.
        …mi è venuto in mente questo aforisma del mitico Mauro Corona:
        “Vivere è come scolpire, occorre togliere, tirare via il di più, per vedere dentro.”
        penso che valga anche per scrivere, dipingere, fotografare, insomma tutto per arrivare all’essenza…
        ciao, buonanotte Vanni

      • Si, per vedere dentro e per delineare i confini che a volte ci servono nitidi, più spesso li vogliamo sfuocati. Grazie Vanni, è bello trovare questa tua citazione di domenica mattina. Che sia una giornata luminosa! Stefi

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