Storia di Dirce negli orli dell’onestà

Ha trascorso la vita con gli aghi fra le dita, le forbici sulle ginocchia, la cinta metrica attorno al collo. Dirce è una donna anziana, ha quasi ottant’anni e da più di sessanta fa la sarta.

Nel paesino sul Secchia dove vive, tutti la conoscono. Intere generazioni di famiglie hanno indossato pantaloni da lei orlati, asole rifatte, abiti ripresi in vita. Ne ha misurate tante di cosce e di spalle, ha tratteggiato con il gesso bianco le linee sui tessuti, ha sagomato, tagliato, imbastito. E ne ha sentite tante di storie e di racconti, di glorie e di misfatti della gente del paese. Dirce non è una pettegola, non chiacchiera, non sparla, non giudica. Accoglie le confidenze e le tiene per sé, custodendole nelle sue notti di vedova insonne. E’ per questo che tutti la rispettano, perché Dirce è una donna discreta, una persona retta, una figura onesta che alla vita ha chiesto poco.

Un lunedì di fine estate è salita su un mezzo di trasporto pubblico per raggiungere la sorella in un paese vicino. Aveva in mano due biglietti, quello dell’andata e quello del ritorno, ma non ha obliterato. Forse per dimenticanza, forse perché non sapeva bisognasse farlo. Li teneva stretti quei biglietti, non voleva correre il rischio di perderli, voleva essere pronta a dimostrare la sua onestà in caso di un controllo, come aveva sempre fatto nel corso della sua lunga vita.

Due agenti, giovani e maleducati, l’hanno multata, redarguita, adombrata di vergogna. Un gesto quotidiano di brutalità.

Dirce non se ne fa una ragione, di notte piange e di giorno non cuce più. Non è il pensiero di come trovare i soldi per pagare quella multa che la turba e nemmeno il modo in cui è stata trattata.
E’ che per la prima volta nella vita qualcuno l’ha pensata disonesta.
E Dirce questo non lo accetta.

Nei suoi orli l’onestà.

Dirce

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