Non avevo mai letto romanzi d’avanguardia e credo che non ne leggerò più. Sangue in sala da pranzo di Gertrude Stein mi è bastato per capire che non sono predisposta per le avanguardie.
Mi piacciono gli scrittori che osano, che si cimentano con esperimenti linguistici arditi. Mi piacciono le allitterazioni e i ritmi scanditi da frasi ripetitive e martellanti. Mi piacciono persino le trame doppiamente intrecciate e difficilmente comprensibili. Ma la letteratura d’avanguardia no, non la capisco proprio. Un conto è avere l’audacia di sfidare le regole della grammatica e della sintassi sperimentando nuove forme narrative, altro è scrivere frasi sconclusionate prive di soggetti, verbi o complementi.
Sangue in sala da pranzo dovrebbe essere un romanzo giallo ispirato a delitti realmente commessi in due villaggi della valle del Reno negli anni trenta del secolo scorso. Uso il condizionale perché quando un romanzo è infarcito di frasi di questo tipo, risulta difficile comprenderne la trama:
Che possa ella essere una graziosa molti quando ella usa loro non l’hanno saputo, dove erano quando erano soli.
C’era una volta essi cominciarono è cominciato.
Pensa bene a nessun pericolo che essi verranno o andranno via o nessuna differenza con cui essi durano o nessun conto per cui in cui sistemare.
Ammetto la mia totale ignoranza in fatto di movimenti artistici e letterari francesi dei primi decenni del novecento. Se ne sapessi di più, forse, potrei capire questo romanzo. E sarò anche antica e un poco conservatrice, ma in fatto di lingua non riesco a concepire lo smembramento del senso delle frasi e, quindi, l’unica spiegazione che riesco a darmi è che Gertrude Stein, questa singolare scrittrice nata in America nel secolo scorso e trapiantata a Parigi in età adulta, avesse semplicemente l’obiettivo di provocare.
E ci è riuscita, almeno con me. Perché se di fronte ad un quadro astratto sono capace di emozionarmi e di cogliere mille significati, di fronte ad un romanzo astruso provo solo delusione ed un briciolo di rabbia. Unire le parole dando loro nuovi significati rende uno scrittore degno di essere definito tale. Unirle mettendole in sequenza alla rinfusa è solo una presa in giro del lettore.
Concordo pienamente con le tue riflessioni, mi è bastato leggere quelle 2 righe per provare una forte avversione…A parte che nemmeno sapevo esistesse scrittura d’avanguardia…Classico è bello!!!! o almeno a me comprensibile.
Classico è bello, hai ragione amica!